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martedì, 19 Marzo, 2024

Ristori, parola scomparsa dal vocabolario dell’epidemia. Intanto il turismo è in ginocchio

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di Gabriele Rizza

Nella serata del 29 dicembre il Consiglio dei Ministri ha preso ulteriore misure di contrasto e adattamento alla diffusione del covid – 19. Oltre a estendere l’obbligo del green pass rafforzato anche per qualsiasi evento all’aperto e alla riduzione dei posti al 50% degli stadi e del 35% dei palazzetti sportivi, il governo prende la forma del virus nella gestione delle quarantene, che allo stato attuale porterebbe il paese al collasso a breve, considerando che sono già due milioni gli italiani in isolamento a seguito di un contatto stretto. Quindi, nessuna quarantena per chi si è vaccinato di seconda o terza dose da meno di 120 giorni, invece è di cinque giorni per chi è vaccinato da più quattro mesi.
Scompare invece dai radar e dal lessico della pandemia la parola ristori. Certo, al momento sono chiuse “solo” le discoteche, che pur essendo una delle attività meno essenziali rappresenta un indotto notevole che traina anche altre attività ristorative delle città, e dà da mangiare a migliaia e migliaia di famiglie. Proprio in quanto chiusura fortunatamente limitata, il governo ha perso l’occasione per lanciare un messaggio di serenità a tutte le altre categorie più colpite dai lockdown precedenti, specie in un periodo in cui il nemico oltre al covid è il galoppante e insostenibile costo dell’energia. Eppure, era stato proprio Mario Draghi che, appena insediatosi a Palazzo Chigi, aveva detto che “i ristori saranno di pari passo con le chiusure”.
A preoccupare di più, però, è quella situazione ibrida che sta vivendo soprattutto il settore turismo e in parte la ristorazione. Sono aperti, apertissimi, ma le quarantene preventive o semplicemente la paura dei contagi, hanno ridotto il giro d’affari in modo impressionante, all’improvviso poi, perché ancora agli inizi di dicembre nessuno immaginava di dover disdire le vacanze o di aver paura di incontrare gli amici al ristorante al chiuso. Eppure per loro, pur intrappolati in un limbo, di ristori o aiuti, nessuna traccia, e nemmeno hanno sulla carta diritto a chiederli visto che formalmente sono aperti. Ad esempio, gli alberghi di Roma hanno nel dicembre 2021 la metà delle camere occupate rispetto al 2019, segno di una crisi che è tutt’altro superata. Nemmeno uno sconto sull’IMU, sull’affitto, sulle bollette, sul costo del lavoro. Forse il panico degli italiani messi in fila per i tamponi è alleato del governo: il disagio sociale passa in secondo piano. E per fortuna che per l’Economist siamo il paese più migliorato del 2021.

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