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martedì, 16 Luglio, 2024

PANDEMIA, POPULISMO E LA COMUNICAZIONE POLITICA CHE CAMBIA

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di Gabriele Rizza

L’orientamento politico dei partiti lo sta decidendo anche il corso della pandemia. Non sembri un paradosso: nella società liquida è il vento che tira a spostare le cause, le alleanze e la comunicazione dei partiti; segno che la crisi infinita della proposta politica è finalizzata al solo raccoglimento del successo elettorale e non più ad una visione sociale alla quale aderire e credere. Vale per la sinistra, la destra e i populismi. Il vento che tira è segnato da due anni dalla burrasca della pandemia: certi temi sono passati in primo piano, come la sanità, altri riposti per un po’ nel cassetto, come l’immigrazione. Ma quel che colpisce di più, e mostra tutta la vacuità delle idee ai giorni nostri, non è tanto la proposta in sé, quanto come la si propone.
La pandemia ha infatti spinto tutte le forze politiche, chi prima e chi dopo, ad un tono istituzionale, moderato, semplicemente serio, perché la paura quotidiana dei contagi e delle terapie intensive piene richiedeva questo per rendere un partito credibile. Da qui le difficoltà iniziali di Matteo Salvini: la protesta, per quanto in molti punti giusta, non ha pagato. Diversamente è andata invece al Movimento Cinque Stelle. Lo stile di Giuseppe Conte è stata la salvezza per un partito in caduta libera, e se è ancora al 15-20% nei sondaggi lo si deve alla pacatezza e sensuale serietà dell’ex premier. I vecchi toni grillini che hanno fatto la fortuna dei pentastellati ormai quasi dieci anni fa, sarebbero stati una condanna a morte. Insomma, l’imprevisto della pandemia e di Giuseppe Conte hanno salvato il movimento dalla fine. Ma la meta non è più “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno”, ma partecipare ad un grande centrosinistra. È il prezzo da pagare oggi, domani chissà, sarà il populismo a pagare superata l’emergenza sanitaria con quella economica ancora tutta da affrontare.
La Lega è invece ancora in mezzo al dilemma: abbracciare ancora i sovranisti di Orban – identificati oggi come “no vax” dal mainstream – o affiancarsi ai popolari europei, come vorrebbe Giancarlo Giorgetti? L’attualità incombe sulla Lega, il partito che più di tutti paga gli stravolgimenti della narrazione politica causati dalla pandemia. Protesta o Istituzioni? Ad oggi, la linea Giorgetti potrebbe pagare, protestare contro il green pass renderebbe la Lega un partito impossibilitato a governare, sia nei sondaggi che nella presentabilità internazionale.
Si vota però nel 2023, e l’imprevedibilità della pandemia potrebbe rendere inutili gli ultimi due anni delle scelte politiche dei partiti. Ciò che un leader politico dice oggi potrebbe essere un successo o un boomerang domani.

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