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venerdì, 19 Aprile, 2024

La grande siccità: l’Italia è a secco. Colpa anche di un vivere irresponsabile

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di Martina Grandori

Il tempo delle chiacchiere è finito, in queste settimane di caldo, di inizio d’estate, di condizionatori accesi senza nessuna remora il dramma della siccità scorre dirompente nel fiume della quotidianità. È allarme, non da ieri ma da mesi, non ha praticamente mai piovuto o nevicato, il presidente di Coldiretti Ettore Prandini chiede “l’intervento del sistema della Protezione civile per coordinare tutti i soggetti coinvolti, Regioni interessate, Autorità di bacino e Consorzi di bonifica, e cooperare per una gestione unitaria del bilancio idrico”.  A farne le spese l’agricoltura, mortificata, rinsecchita, avvilita dalla carenza di acqua, i raccolti sono bruciati dalla siccità, le mucche che a causa del grande e perenne caldo sono affaticate e producono meno latte sebbene un singolo animale in questo periodo arrivi a bere qualcosa come 140 litri di acqua al giorno invece dei 70 quando il clima è più fresco. La grande sete assedia non soltanto il Sud – dove il problema della dispersione di acqua lungo degli acquedotti è storia antica – ma anche le città e gli spazi verdi di cui tanto si sente la necessità: vietato innaffiare orti, campi, prati, giardini o aiuole: è emergenza nazionale, ancora peggiore perché ad essere coinvolti sono gli italiani, non volti sconosciuti di un paese in via di sviluppo. Del Po se ne è parlato molto, meno del l’avanzamento del cuneo salino per la risalita dell’acqua di mare che rende impossibile la coltivazione nelle zone del delta, e pensare che in questo frangente l’Italia dovrebbe aumentare di molto la sua produzione agricola – grano, foraggio e mais ai vertici – per far fronte alla conflitto ucraino e invece si registra un calo del 15% delle rese del raccolto. In sofferenza sono anche i grandi laghi: il Maggiore è sceso al minimo storico con on un grado di riempimento del 22%, mentre quello di Como è al 25%, Bracciano arriva a -107 cm rispetto allo zero idrometrico. L’assessore all’Ambiente della Regione Piemonte Matteo Marnati dice che restano solo 15 giorni di tempo per salvare i raccolti. Il governatore Alberto Cirio ha chiesto lo stato di calamità per l’agricoltura, gli addetti ai lavori lanciano l’allarme risaie, se non piove, il distretto del Vercellese sarà costretto a fermarsi alla prima settimana di luglio, con le risaie secche non si campa. A Milano l’acqua della Darsena servirà per irrigare i campi dell’hinterland e  salvare i raccolti, in alcuni comuni è in vigore il razionamento dell’acqua dalle 6 a mezzanotte, multe fino a 500 euro per chi sgarra. Per i prossimi 15-20 giorni sono previste misure tampone, come lo sversamento di acqua dai bacini sfruttati per l’idroelettrico. Ma sono soluzioni temporanee, ormai è già tardi secondo la responsabile dell’Osservatorio Siccità Ramona Magno, bisognerebbe pensare alla carenza idrica quando piove, la siccità è un fenomeno molto complesso e di più difficile identificazione rispetto ad altri eventi estremi. E sono decenni che si parla di questi eventi estremi, che poi di fatto fanno capolino ai cambiamenti climatici, ma di fatto molte chiacchiere e poca sostanza. Il cambiamento, si dovrebbe ormai averlo capito bene, dipende dai piccoli gesti nel quotidiano, dai singoli non dalle grandi manovre di governo. E invece gli italiani sembra che aspettino “castighi e sanzioni” a chi spreca acqua per cambiar rotta, di fatto è ancora tutto un tener aperti i rubinetti di casa, fare lavatrici, docce eterne e vivere irresponsabilmente. Una siccità non solo dei fiumi ma anche culturale. 

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