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martedì, 16 Luglio, 2024

Il Rendiconto di Alan Patarga- NON SOLO I MINISTRI, ANCHE I NOMI DEI MINISTERI ECONOMICI SONO UN PROGRAMMA DI GOVERNO

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Tra conferme e novità, finalmente la lista dei ministri che comporranno il governo guidato da Giorgia Meloni c’è. E in tema di economia, la prima conferma è quella di Giancarlo Giorgetti: il numero due della Lega, e ministro uscente dello Sviluppo, sarà il nuovo titolare dell’Economia e delle Finanze.

Stimato da molti, perfino da due antagonisti storici come Draghi e Tremonti, è a lui che spetterà il compito più difficile: far quadrare i conti tra ristrettezze di bilancio e promesse elettorali, che è lecito attendersi possano diventare atti di governo. La prima urgenza è la Legge di bilancio, ma lì il grosso del lavoro è già fatto: il ministro Daniele Franco ha già predisposto una bozza, si potrà emendare ma realisticamente non stravolgere. Di sicuro andranno verso la proroga alcune misure straordinarie di contrasto al caro energia: gli sconti sulle accise dei carburanti, i crediti d’imposta per le imprese energivore, l’una tantum da 150 euro per i redditi più bassi. Di fatto, un bonus per pagare le bollette. Entro dicembre bisognerà però anche fare qualcosa sulla previdenza: la riforma Fornero – nella sua interezza – a meno di interventi in extremis tornerà in vigore a partire dal prossimo gennaio. Due le strade: prorogare di altri dodici mesi gli strumenti attuali – da Quota 102 a Opzione Donna – oppure procedere immediatamente a una rimodulazione del sistema pensionistico, per il quale si fa strada l’ipotesi di Quota 41 (che comporterebbe la possibilità di lasciare il lavoro con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica), molto cara alla Lega, oppure la cosiddetta “Opzione Uomo” o “Opzione Tutti”, cioè una replica dello schema di Opzione Donna, con la chance di andare in pensione anche prima dei 60 anni, ma a patto di percepire un assegno ridotto, perché interamente calcolato con il sistema contributivo.

TRA SOVRANISMI E BALNEARI

Ma al di là dei curricula dei ministri, a indurre una riflessione è la stessa denominazione – annunciata da Meloni – di alcuni dicasteri. Quello dello Sviluppo economico, per esempio, diventerà il “Ministero delle Imprese del Made in Italy” e a guidarlo sarà Adolfo Urso, già al Commercio estero con Berlusconi, e tra i più atlantisti in Fratelli d’Italia. Da attendersi una “guerra” senza quartiere alle delocalizzazioni e al dumping commerciale, soprattutto cinese. Nello stesso solco, identitario-sovranista, anche il “Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare”, affidato a un altro esponente del partito meloniano: il capogruppo uscente e appena riconfermato (dovrà ovviamente cedere il ruolo ad altri) alla Camera, Francesco Lollobrigida. In un’Europa che si appresta a discutere del sistema di etichettatura, quel sistema “Nutriscore” a semaforo che rischia di penalizzare prodotti italiani come l’olio e il vino, una dichiarazione d’intenti molto chiara. Da seguire con attenzione anche la scelta di Marina Calderone, finora presidente dei Consulenti del Lavoro, al dicastero del Lavoro e delle Politiche sociali: un approccio, il suo, che presumibilmente cercherà di trovare un punto di equilibrio tra il mondo imprenditoriale e quello sindacale, all’insegna del pragmatismo. Dice qualcosa anche il nuovo nome del “Ministero dell’Istruzione e del Merito”, affidato al leghista Giuseppe Valditara: apparentemente, una sfida alla mentalità del 6 politico, ma anche a quella del posto fisso. Per concludere, la scelta di Daniela Santanché al Turismo: con la querelle balneari ancora aperta, affidarlo alla proprietaria del Twiga di Forte dei Marmi vale più di mille discorsi.

di Alan Patarga

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