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mercoledì, 17 Luglio, 2024

Il Rendiconto di Alan Patarga – SU POS E CONTANTI L’INUTILE GIOCO DELLE PARTI DI UN’ITALIA CHIACCHIERONA

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Diciamo la verità: abbiamo perso due settimane – come minimo – a guardarci l’ombelico, mentre le urgenze vere del Paese sono rimaste puntualmente inevase. Ancora una volta, e sempre, divisi in guelfi e ghibellini abbiamo preferito schierarci su argomenti di poca o nessuna rilevanza per la nostra economia: l’obbligo da parte dei commercianti di accettare pagamenti elettronici, quindi con Pos, e la determinazione di un tetto ai pagamenti in contanti.

TRA PRIVACY E FISCO “IMPICCIONE”

Seguendo una tendenza consolidata a livello internazionale, il governo Meloni come altri di centrodestra in giro per il mondo, considera il denaro contante uno strumento di libertà: utilizzare banconote e monete – è il ragionamento – consente ai cittadini di spendere i propri soldi senza che ogni transazione passi al vaglio dello Stato, sia da un punto di vista della riservatezza che da quello dell’invasività fiscale. Ribatte, quasi sempre da sinistra, chi invece chiede limitazioni all’utilizzo dei contanti, che uscire dai circuiti della moneta elettronica per entrare nella nebulosa delle banconote equivale a consentire a mafiosi, riciclatori e malviventi di ogni sorta di trafficare denaro sporco, o agli evasori di farla franca pure quando vanno a bersi un caffè al bar. Come spesso accade, la verità sta nel mezzo: il contante è effettivamente uno strumento semplice, accessibile a tutti (esistono anche gli anziani poco “tecnologici” e i “non bancabili” che non riescono ad avere aperto un conto corrente, per vicissitudini varie: anche queste categorie hanno diritti) e che protegge la riservatezza di determinati acquisti che magari possono rivelare qualcosa di noi (credo politico o religioso? gusti sessuali?) che non intenderemmo comunicare al fisco, e quindi allo Stato. Attenzione: l’assioma “chi è onesto non ha nulla da nascondere” va fortissimo nelle dittature a ogni latitudine. Viceversa, è innegabile che i pagamenti elettronici o digitali favoriscano il tracciamento delle attività illecite. Il terrorismo e le mafie? Forse. Di sicuro, la piccola evasione, anche quella cosiddetta “di sopravvivenza”. Che l’esecutivo strizzi un po’ l’occhio a quest’ultima, oltre che cimentarsi in un esercizio di libertarismo, è difficile da negare. Però come in tutte le cose, c’è da chiedersi tra due principi – la tutela dei cittadini dall’invasività dello Stato e la lotta al malaffare – quale sia il punto di equilibrio da fissare. Entrambe le cose contemporaneamente, si capisce, non è proprio possibile ottenerle.

LA DOPPIA RICETTA DELL’UE

Una mano in questo senso ci è arrivata nelle ultime ore dall’Europa. Giovedì i 27 governi dell’Unione hanno raggiunto un accordo su un nuovo pacchetto di regole antiriciclaggio, maggiormente restrittivo rispetto alle norme vigenti. Ebbene: l’obiettivo per tutti è fissare un tetto (minimo) per l’utilizzo del denaro contante a 10.000 euro, ulteriormente abbassabile dai singoli Paesi membri. La soglia è il doppio di quella proposta dal governo Meloni, che è di 5.000 euro (ricordiamo che da gennaio, in mancanza di un intervento dell’esecutivo, il limite in Italia sarebbe sceso a 1.000). Alcuni Paesi, come le solitamente inflessibili Germania e Olanda (ma anche Austria, Finlandia e Irlanda: insomma i cosiddetti “frugali”), con l’entrata in vigore delle nuove regole Ue dovranno – per la prima volta in assoluto – introdurre una limitazione in tal senso: attualmente non esiste. L’Italia meloniana sarebbe in ogni caso più virtuosa di quanto richiesto dall’Europa, sebbene ci siano Paesi più intransigenti come Francia, Spagna e Svezia (1.000 euro) e Grecia (500).

Certo, le indicazioni di Bankitalia – che tanto hanno fatto discutere, portando alla luce qualche nervosismo di troppo nel governo – dicono che la stretta sul contante (anche attraverso alle multe a chi non accetta pagamenti con Pos, a prescindere dalla somma mentre si va verso il tetto a 40 euro) era un passo doveroso nella battaglia contro l’evasione fiscale, previsto peraltro nel Pnrr. Anche qui, però, è l’Europa a contraddire questa lettura. Appena ieri la Commissione di Bruxelles ha pubblicato un rapporto sull’Iva, il “VAT Gap in the EU 2022” che analizza l’andamento della riscossione della tassa sul valore aggiunto nei Paesi dell’Unione. Ebbene: nel documento c’è scritto che non esiste una correlazione provata tra aumenti dei pagamenti tracciati e riduzione dell’evasione/elusione Iva. Come dire: tanta solerzia, e tanto Stato nelle nostre vite, potrebbero non servire a molto. Se non, forse, a creare qualche ballon d’essai utile soltanto a coprire i ritardi e la mancanza di idee della politica italiana.

di Alan Patarga

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