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giovedì, 28 Novembre, 2024

Il Rendiconto di Alan Patarga – ECONOMIA E POTERE: LE IDI DI MARZO DEL CENTRODESTRA

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C’è una data da cerchiare in rosso sul calendario, ed è mercoledì 15 marzo. E’ in quel giorno che si capirà se il centrodestra – formalmente al governo del Paese dallo scorso ottobre – sarà realmente in grado di cambiare passo e incidere sulle scelte politiche ed economiche dei prossimi anni.

L’ULTIMATUM DELLA LEGA

Nei giorni scorsi, il leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini è stato piuttosto chiaro: “L’Italia deve mostrarsi all’altezza delle sfide più delicate, a partire dalla politica energetica su cui il governo è particolarmente attento. È bene sottolineare che anche le grandi aziende di Stato come Eni ed Enel devono cambiare profondamente le loro politiche e il loro approccio alla modernità. Serve un cambio di passo”, recitava una di quelle note che i cronisti con condiscendenza accreditano solitamente a “fonti” in questo caso di via Bellerio. Il punto è nodale: alle Idi di marzo, non solo metaforiche in questo caso, si apre una delle più importanti finestre per procedere a quello spoils system che raramente il centrodestra in quasi trent’anni di vita ha dimostrato di saper fare. Per dire: la sopravvivenza politica di Matteo Renzi, precipitato dal 40% delle Europee del 2014 (con il Pd) a percentuali risibili (con Italia Viva) fino a un rimbalzo capace di rimetterlo in sicurezza (nel traballante Terzo Polo con Calenda) è anche e forse soprattutto frutto delle relazioni che l’ex premier fiorentino è stato in grado di tessere nella sua stagione di governo. Come dire: quelle nomine sono state un’assicurazione sulla sua vita politica al di là del consenso che lo stesso Renzi era capace di raccogliere alle urne. Adesso tocca al centrodestra e i numeri dicono che il piatto è ricco come non mai: la partita delle nomine vedrà coinvolte 135 società, tra le quali appunto i colossi dell’energia Eni ed Enel, ma anche la Rai, senza dimenticare Ferrovie dello Stato, Terna, Monte dei Paschi di Siena, Consip, Consap, Enav, Poste Italiane, Leonardo. E molto altro ancora.  Ebbene: il 15 marzo il Tesoro e gli altri ministeri interessati dovranno presentare le liste per i rinnovi dei consigli di amministrazione. C’è chi scommette sui botti e chi, invece, punta sulla continuità (con alcuni cambi inevitabili).

IL NODO DESCALZI

Il nodo principale è la permanenza (o l’addio) di Claudio Descalzi all’Eni. Il Carroccio ha lasciato intendere di avere messo la posizione nel mirino, contrariamente a quanto finora lasciato trapelare dagli ambienti di Fratelli d’Italia: la premier Giorgia Meloni, che da Descalzi è stata accompagnata nelle sue ultime tappe nordafricane, riterrebbe il numero uno del Cane a sei zampe il migliore esecutore del suo “Piano Mattei” che prevede la sostanziale indipendenza energetica dell’Italia e un ruolo di hub mediterraneo degli idrocarburi per il nostro Paese. I rapporti di forza nella maggioranza suggerirebbero che Descalzi potrebbe dormire sonni tranquilli, se non fosse che la Lega potrebbe contare – secondo alcune ricostruzioni – su un asse con Forza Italia capace di condizionare le scelte dell’esecutivo e arginare lo strapotere della destra. E’ stato il senatore Maurizio Gasparri, nei giorni scorsi, a chiarire che quella delle nomine non sarà una partita facile e, soprattutto, non sarà una partita in cui gli azzurri staranno a guardare: “Abbiamo visto persone che avevano alle spalle stagioni disastrose alla guida di banche o che avevano frequentato i gazebo delle primarie della sinistra mantenere le proprie adorate e ricchissime poltrone. Oppure abbiamo visto in altri gruppi, vedi l’Eni, approdare direttamente dal Parlamento dirigenti e parlamentari del Pd. Vicende veramente criticabili. Come nella Rai, dove assistiamo anche ai programmi a favore della malaria e contro le bonifiche. Che altro dovremmo vedere? Insomma si lasci il governo fare le scelte che gli competono, rispettando qualità e meriti, ma senza epurazioni e senza immobilismi. Altrimenti la sinistra dovrebbe continuare a governare a vita pur perdendo le elezioni?”. Messaggio a nuora, perché suocera intenda. I forzisti ammettono che ci saranno “ricambi e conferme: niente machete” ma dietro ai toni moderati e rassicuranti sembra celarsi la voglia di voltare pagina ed entrare realmente nella stanza dei bottoni.

IL PERICOLO DELL’APPEASEMENT

Il punto è che senza uno spoils system radicale nessuna forza politica – per quanti voti possa raccattare alle elezioni – può seriamente pensare di “cambiare le cose”. Giorgia Meloni finora ha dimostrato di voler rassicurare gli interlocutori istituzionali – Quirinale, Ue, Nato – circa la propria affidabilità. La tentazione di non disturbare troppo i “manovratori” per garantirsi agibilità e longevità politica potrebbe prendere il sopravvento, ed è il pericolo che sembrano voler scongiurare gli alleati leghisti e forzisti. I quali magari vorranno anche sedersi – la politica è anche questo – al “banchetto” che si sta per imbandire, ma forse sanno anche per esperienza che la strategia dell’appeasement nei confronti dei “poteri forti” alla lunga non paga e che per fare la rivoluzione – conservatrice o liberale, o entrambe le cose – il prossimo 15 marzo occorrerà avere le idee chiare e i nervi saldi.

di Alan Patarga

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