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domenica, 12 Maggio, 2024

Elezioni generali in Spagna: nessuna coalizione ha ottenuto la maggioranza, possibili nuove elezioni a dicembre

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Domenica si sono tenute le elezioni generali in Spagna per il rinnovo dei 350 seggi del
Congresso dei Deputati, la Camera bassa del parlamento spagnolo, e di un terzo dei seggi
del Senato, la Camera alta. Le attenzioni erano rivolte principalmente all’elezione dei 350
deputati, che votano la fiducia al governo e sono dunque determinanti nello stabilire chi sarà
il prossimo Primo Ministro.


Le previsioni della vigilia sembravano indicare una probabile vittoria della coalizione di
destra, composta dal Partito Popolare e da Vox: secondo il modello predittivo di El Pais, il
principale quotidiano spagnolo, i due partiti di destra avevano il 55% di possibilità di formare
una coalizione di governo. Si è realizzato, invece, uno scenario che nella Spagna dell’ultimo
decennio non è insolito: nessuna coalizione ha ottenuto una chiara maggioranza, ed è
dunque probabile che gli spagnoli debbano tornare a votare già a dicembre di quest’anno.
Per le elezioni del Congresso dei Deputati vige, infatti, un sistema elettorale proporzionale,
che favorisce la rappresentatività a discapito della governabilità.


Come ci si aspettava, il Partito Popolare di Alberto Nuñez Feijóo è stato il partito più votato
in assoluto, sia a livello nazionale che in gran parte delle comunità autonome spagnole
(l’equivalente delle nostre regioni). Il PP ha raccolto il 33,05% delle preferenze, che si
tradurranno in 136 seggi. È un risultato ampiamente superiore a quello delle ultime elezioni
del 2019, quando il PP ottenne il 20,80% dei voti, ma comunque leggermente al di sotto
delle aspettative. Anche l’altro partito della coalizione, Vox, guidato da Santiago Abascal, ha
ottenuto un risultato piuttosto deludente rispetto alle precedenti elezioni, ma comunque in
linea con ciò che i sondaggi avevano previsto.


La vera sorpresa di queste elezioni è stata l’exploit del Partito Socalista – PSOE – del Primo
Ministro uscente Pedro Sanchez. Sanchez aveva convocato nuove elezioni a fine maggio,
dopo un clamoroso tonfo del centrosinistra alle elezioni regionali che lo aveva indotto a
sciogliere le camere. La decisione di Sanchez era stata aspramente criticata dai suoi alleati
di governo, ma si è rivelata particolarmente lungimirante.

I consensi del PSOE erano in fase calante, nonostante i risultati piuttosto soddisfacenti
ottenuti nel corso degli ultimi anni da parte del governo guidato dal Primo Ministro uscente.
L’economia spagnola si è ripresa egregiamente dalla crisi innescata dalla pandemia da
coronavirus, con tassi di crescita superiori al 5% sia nel 2021 che nel 2022. Oltretutto il
governo di Sanchez è stato uno dei pochi, in Europa, ad essere riuscito a tenere sotto
controllo l’inflazione, che a giugno era all’1,9% su base annua: un dato molto al di sotto della
media europea, che si deve soprattutto al tetto sul prezzo del gas imposto dalla Spagna.
Nonostante ciò, gli elettori spagnoli avevano finora mal tollerato l’appoggio da parte di partiti
regionali ed indipendentisti di cui il governo di Sanchez necessitava per proseguire la propria
azione legislativa.

Tra i partiti che nel corso dell’ultima legislatura spagnola hanno offerto il proprio appoggio
esterno al governo di centrosinistra c’erano la Sinistra Repubblicana Catalana – ERC – e
Bildu, un partito indipendentista basco guidato da Arnaldo Otegi, un ex membro
dell’organizzazione terroristica ETA – Euskadi Ta Askatasuna -, operativa in Spagna fino al
2011 e sciolta nel 2018. I leader e gli esponenti del Partito Popolare e di Vox hanno
contestato lungamente la scelta di Sanchez di accettare il sostegno dei partiti indipendentisti
e hanno condotto una campagna elettorale incentrata proprio sulle critiche nei confronti del
Primo Ministro, accusato di personalismo.


La coalizione di centrosinistra è riuscita comunque a ottenere 153 seggi (122 da PSOE e 31
da Sumar, formazione di sinistra guidata da Yolanda Diaz, Ministra del Lavoro del governo
uscente), che al momento sembrano offrire maggiori chance nella formazione una coalizione
di governo rispetto a quella di centrodestra. Se, infatti, Sanchez e Diaz dovessero ricevere
l’appoggio da parte di Blidu, ERC e degli altri piccoli partiti regionali di centrosinistra si
avvicinerebbero alla soglia di 176 deputati necessari per governare. In quel caso, a fungere
da ago della bilancia, sarebbe Junts, un’altra formazione indipendentista catalana guidata da
Charles Puigdemont, attualmente rifugiato in Belgio dopo aver dichiarato in maniera
incostituzionale l’indipendenza della Catalogna in seguito al referendum del 2017.

Sembra comunque molto improbabile un appoggio di Junts ad una delle due coalizioni. Lo
scenario maggiormente verosimile, al momento, è quello di nuove elezioni tra dicembre e
gennaio. Fino ad allora rimarrà in carica il governo di Sanchez per il disbrigo degli affari
correnti.

di Giuseppe Russo

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