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giovedì, 28 Marzo, 2024

#conosciiltuosguardo. L’altro è il veleno della mia indolenza

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[…segue…]

Siamo partiti, la settimana scorsa, dal versetto del Salmo che recita: «Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto». Parleremo del significato più specifico di questo testo più avanti. Per adesso stiamo riflettendo sul volto dell’altro; sul significato e sulle istanze che il volto dell’altro, con la sua presenza, genera dentro di noi. 

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Il volto dell’altro mi chiama alla responsabilità dell’incontro e della condivisione, un incontro reale fatto di comodità e scomodità, una condivisione fatta di dono e accoglienza, di entusiasta generosità e, delle volte, anche di paura di essere espropriati e di fatica. 

In effetti c’è una forma di espropriazione, essa però non è mera usurpazione, né invasione, né illegittima invadenza, se scegliamo noi, innanzitutto, di allargare i nostri confini in modo sano e generoso. In questo senso, l’altro non limita la mia libertà ma la “allarga”, la libera dalla tirannide del mio egoismo che cerca in tutti i modi di mantenere il suo stato di quiete. Quiete non vera però, quiete apparente da zona di comfort, illusoriamente stabile e tendente alla pigrizia e all’indolenza. È una quiete “fiacca”, che si nutre di apatia, negligente verso tutto ciò che è responsabilità, che porta (nel lungo andare) alla trascuratezza non solo dell’altro ma anche mia. 

La quiete dell’inerzia è quiete che conduce alla morte della vitalità. L’altro, invece, scomodandomi, mi tiene attivo, mi apre alla vita, alla vitalità. Essere scomodati è essere salvati. L’altro può essere il veleno più efficace contro la mia indolenza. 

L’altro è sempre “altra vita” rispetto a me, altra vitalità, altra prospettiva, altro “presente” quindi altro-dono: un altro dono, ancora un altro dono della vita per me oltre a me. Ognuno di noi, infatti, è dono della vita a sé stesso ma è la presenza dell’altro che mi rende consapevole di essere dono a me stesso, di essere altro anche per me stesso. Ogni altro è quindi un “oltre”, un “al di là”, un “qualcos’altro-soggetto” che, proprio perché “oltre-rispetto-a-me”, mi dice che posso-ancora-camminare verso una meta: l’incontro con lui. L’altro mi dice che sono vivo. Mi rivela se sono vivo. 

L’altro è speranza e futuro, promessa di “altra-vita” che entra nella mia vita, presenza di “altra-vita-accogliente” dove posso (con gentilezza) dimorare. L’altro è casa e destinazione. Il suo volto mi regala un orizzonte e mi svela che non sono condannato a restare dentro i confini del mio “io-monolocale”. 

[…continua…]

di Angelo Portale

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