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giovedì, 18 Luglio, 2024

NATALIA E LA FURIA DEL CAPOTRENO TRENORD: “SE NON FOSSI STATA UNA DONNA, E SE NON FOSSI STATA STRANIERA, PROBABILMENTE NON SAREBBE ACCADUTO”

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di Susanna Russo

 

Natalia è una donna lavoratrice ed indipendente, è nata in Bolivia, vive in Italia da 10 anni, e da allora tutti i giorni prende il treno da Venegono (VA), e viene a lavorare a Milano. Natalia il 1º Maggio è andata a lavorare felice di farlo perché, come ci racconta, dopo un anno di chiusure e limitazioni, tornare a lavorare è una boccata d’aria fresca. “Sicuramente io per prima ho avuto torto in questa vicenda”, inizia così il suo racconto, con un “mea culpa”, ma anche molta rabbia.

La mattina di quel sabato Natalia si è alzata, e dopo aver fatto colazione con la sua famiglia a Saronno, si è recata alla stazione Trenord per raggiungere il locale in zona Porta Genova, a Milano, in cui lavora da anni. La tratta questa volta però è stata molto più turbolenta del solito. “Quando sono arrivata sulla banchina ho visto che il treno stava per partire, e non ci ho pensato un attimo, ho corso per riuscire a salire in tempo”.

Natalia ogni primo del mese, da 10 anni a questa parte, rinnova l’abbonamento ATM, ma quella mattina, consapevole che, essendo il 1º Maggio un giorno festivo, i treni sarebbero stati meno frequenti, sale a bordo senza aver fatto la ricarica mensile. Una volta salita, non esita un attimo, e si reca alla prima carrozza per avvisare il Capotreno che non ha avuto modo di ricaricare la sua tessera, ma che appena scenderà a Milano-Cadorna provvederà a farlo, e per dimostrargli la veridicità di quanto dice, mostra la tessera e i contanti con cui avrebbe provveduto al rinnovo.

“Fin da subito lui non ha voluto ascoltarmi e mi ha negato la possibilità di porre rimedio alla mia mancanza appena fossi scesa dal treno”, continua Natalia. Il Capotreno le propone invece di farle il biglietto, ma con il supplemento, come regola vuole per chi compra il biglietto a bordo. Natalia si rifiuta, piuttosto è pronta a scendere alla prima fermata e correre a rinnovare la sua tessera per poi prendere il treno successivo per Cadorna. A questo punto la discussione assume toni più accesi. L’uomo, senza sentire ragioni, chiede a Natalia un documento per farle il verbale e nel momento in cui lei si rifiuta, poiché considera ingiusto il modo di agire del controllore, quest’ultimo si alza in piedi ed inizia ad urlare contro la donna: “lei si sta rifiutando di dare il documento ad un Pubblico Ufficiale!”. La situazione in breve degenera, e il Capotreno non solo minaccia di fermare il treno, ma prende il telefono e dice testuali parole: “alla prossima fermata faccio fermare il treno, ho bisogno di due agenti perché qui c’è una donna che si sta rifiutando di favorirmi il documento”.

“Mi ha fatta sentire umiliata, mi ha trattata come se fossi una delinquente”, racconta Natalia mentre non riesce a trattenere le lacrime per la rabbia. È effettivamente forte la reazione indottale quella mattina dal Capotreno, ed arriva a sfociare in un vero e proprio attacco d’ansia. Solo a quel punto l’uomo si rende conto di quanto si fosse spinto oltre e confessa alla donna, mostrandole il telefono, che la telefonata era una finta, fatta sola per spaventarla. In ultima battuta, sentendo le urla di Natalia, compare anche il secondo macchinista, che dopo essersi informato su quello che stava accadendo, cerca di calmare la donna. C’è addirittura chi, tra i passeggeri, propone a Natalia di pagarle al biglietto. “Ma non è questo, io i soldi ce li ho, è una questione di principio”, replica lei.

Natalia si reputa una donna onesta e corretta e l’ha dimostrato dall’inizio della vicenda. “Avrei potuto stare sull’ultima carrozza, sfuggire ai controlli, ma non me la sono sentita. Sai quante ne ho viste sui treni? Gente che tratta i controllori con disprezzo, pronta a sputare loro in faccia, a compiere atti di violenza, pur di non pagare un biglietto. Sai quante volte sono intervenuta in prima persona per difendere un controllore?”, confida con un misto di rabbia e tristezza. E continua così: “se non fossi stata una donna, e se non fossi stata straniera, probabilmente non sarebbe accaduto. Ho incontrato un uomo che voleva prevalere e ha trovato la giusta vittima con cui farlo.”

La vicenda si conclude così, Natalia piano piano torna a respirare regolarmente, arriva fino a Milano-Cadorna e si sfoga con gli addetti che si trovano ai tornelli, gli stessi a cui il Capotreno protagonista dei fatti racconta la sua versione, ribadendo nuovamente che lui ha agito semplicemente secondo il protocollo, e che se dovesse capitare nuovamente sarà costretto a procedere con una multa. Aggiunge inoltre di avere un collega come testimone, che è pronto a dichiarare che lui non abbia fatto nulla di male, ma la donna si ricorda bene che il collega li ha raggiunti solo quando era già accaduto tutto. Chiaramente a Natalia non accadrà più di salire sul treno senza abbonamento, così come non le era mai capitato nei 10 anni precedenti. “Sai cosa mi rattrista? Non c’è più un briciolo di umanità. Abbiamo passato un anno e mezzo chiusi in casa, stiamo fronteggiando infinite difficoltà, dovevamo uscirne migliori, ed invece eccoci qua”

 

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