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giovedì, 25 Aprile, 2024

MINORI. SARA FIORINO, AVVOCATO DEL FORO DI BARI, CI RACCONTA UNA STORIA DI “ORDINARIA FOLLIA”: la CTU, un modus operandi ben strutturato ma non nell’interesse del minore

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di Giada Giunti

Ci sono avvocati che non operano per l’interesse dei minori e poi ci sono coloro che fanno le differenze, documentando anche storie di “ordinaria follia”. Non tutta l’opinione pubblica è a conoscenza degli orrori che vengono commessi nei confronti dei piccoli ed indifesi bambini e delle loro famiglie, né si poteva pensare chi ha il compito, il dovere, la cura dei bambini sono sovente coloro che li maltrattano, ma purtroppo accade con una frequenza che lascia spiazzati.

Ed allora, è proprio l’avvocato, Sara Fiorino, che segue la storia di una mamma e sua figlia, che ci racconta questa drammatica vicenda, stesse storie tragiche che si ripetono, un copione copia-incolla, decisioni prese trascurando le normative nazionali, sovranazionali, le sentenze della Corte di Cassazione (ricordiamo la requisitoria della sostituta procuratrice della Corte di Cassazione Francesca Ceroni e la ordinanza del 17 maggio 2021 della stessa Corte), le convenzioni europee.

Servono controlli sull’operato delle c.d. figure istituzionali? Sì, certo, tutti siamo d’accordo, ma l’importante è scegliere le persone “giuste”, il conflitto di interessi è dietro l’angolo.

Sara Fiorino, avvocato del foro di Bari, nasce come penalista, ma si specializza anche in diritto di famiglia, per la sua prensione ad un galateo professionale che distingue le grammatiche giuridiche da quelle del vissuto del rapporto genitori e figli. Avvocato da 20 anni, fa parte del team legale del Moige (movimento italiano genitori), ha risolto un buon 50% dei casi di allontanamento, riportando i figli dai propri genitori. L’avvocato Fiorino è riuscita a rendere operativa nella città di Bari la figura del difensore civico. L’abbiamo incontrata.

Nelle molteplici esperienze sul piano penale, le sono capitate situazioni analoghe e ripetute?

«Sì, più casi nei quali la donna che ha subito violenze e persecuzioni reiterate, dopo aver denunciato i fatti, le sono stati archiviati i procedimenti con il paradosso che la denunciante si è trovata imputata del reato di calunnia. Questo a dimostrazione che gli appelli degli operatori giudiziari alle donne a sporgere immediate denunce anche per aggressioni verbali, posso portare a queste conseguenze».

 Avvocato, lei è una donna di grande modestia, ma ci racconti una circostanza che l’ha gratificata del suo lavoro.

«Quando sono riuscita a riportare una bambina dalla sua mamma che era stata collocata in casa famiglia, ho ricevuto, proprio nel giorno della festa della mamma, un mazzo di fiori con allegato un biglietto con su scritto “auguri per la festa della mamma, alla Mamma, alla Donna ed alla speciale Maestra di vita».

L’avvocatessa Sara Fiorino, ci racconta funesti episodi quotidiani: “Siamo alle battute finali, forse è arrivato l’epilogo di un procedimento di volontaria giurisdizione lungo 4 anni, la fine scontata (ma non per le vittime) di un calvario, proprio perché tale, assolutamente ingiusta ed illegittima. Negli ultimi 10 anni, mi sono confrontata con i tribunali italiani in cui purtroppo vanno in scena delle storie con un copione ben prestabilito, cambiano i nomi degli attori, cambiano i nomi dei bambini, ridotti a comparse mentre gli attori protagonisti sono i SS, gli psicologi, i padri violenti che devono essere riabilitati in un ruolo che non hanno mai voluto o hanno sempre delegato alla donna, alla loro donna, sulle cui spalle caricavano ogni incombenza morale e materiale, comprese le proprie responsabilità. Una vocazione alla “riabilitazione” in danno di chi andrebbe protetto, dei più fragili, dei più deboli, vittime di violenza nel nucleo familiare proprio da chi più avrebbe dovuto amarle e rispettarle. Riabilitazione che deve avvenire a tutti i costi del minore e della madre, più volte rivittimizzati, anche contro la loro volontà e ogni evidenza. Non sfugge a questa “logica” perversa e patriarcale nemmeno la storia della signora M. e della sua bimba, che oggi ha 10 anni, di cui gli ultimi 5 anni passati tra le violenze familiari prima e poi tra  psicologi, assistenti sociali in chiaro conflitto di interessi, con un magistrato che prima emette degli ordini di protezione e poi valuta l’affidamento allo stesso padre che ha riconosciuto come aggressivo, pericoloso, non in grado di controllare i propri impulsi rabbiosi; eppure, lui trova nuove qualifiche dopo anni di precarietà, come i suoi testimoni trovano lavoro proprio nella scuola e negli ambienti frequentati dalla bimba; una CTU scelta e nominata personalmente dal giudice fuori foro, licenziate una prima volta in assenza di difensore della sig.ra M., che stabilisce l’allontanamento dalla madre e collocazione in  comunità; e così avviene all’improvviso, dalla sera tempestosa ad una  fredda mattina d’autunno, senza preparazione, senza motivo, che nessuno di loro sa fornire. Una integrazione di CTU, la stessa scelta 2 anni prima, che deve portare a termine l’opera iniziata, dopo 3 anni operazioni e mezzo di procedimento incomprensibilmente interminabile, con peritali nulle svolte in assenza del CTP e dell’avvocato della parte e infine un ascolto della minore svolto, dietro autorizzazione del giudice, in solitaria, anche qui in assenza dei tecnici di parte. Ascolto durante il quale con lucida determinazione, e quasi rabbia, la bambina afferma, come ha sempre chiesto inascoltata, di voler solo tornare dalla sua mamma, alla sua vita. La CTU, divenuta a suo dire esperta in queste tematiche e dotata di particolari sensibilità, non sapendo più come gestire la situazione, insiste e sbotta “Ma che noia! Tu e mamma. E papà dove lo mettiamo?”. “Da un’altra parte, lontano. Non mi interessa, io voglio solo tornare da mia madre!”. “I padri sono importanti”, generalizza la CTU cercando un appiglio “Certo, ma il mio fa pena!”. Logica spiazzante. E tra le altre verità, di fronte a tanta sfrontata ipocrisia, aggiunge “Voi mi avete chiuso nella torre, come Rapunzel!””.

Decisione della CTU? La bambina è inattendibile, ancora condizionata dalla madre malgrado un anno e mezzo in comunità e 4 anni di “trattamenti” forzati. Collocamento dal padre e affidamento ai servizi sociali, gli stessi, troppi che da 4 anni ormai parlano e sparlano per lei, rovinando la sua vita senza mai ascoltarla. Malcelati dietro il “superiore interesse del minore”.

La CTU si commenta da sola, ma è necessario, quindi, un vero controllo.

 

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