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giovedì, 25 Aprile, 2024

Il sottile confine tra Stato di Emergenza a Stato di Eccezione. I pericoli di un’ulteriore proroga dello stato di emergenza oltre il 31 gennaio 2022

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di Alessandro Giugni

«Lo stato di emergenza è indispensabile, per salvare il Natale serve che venga prorogato» – «è probabile la proroga dello stato di emergenza considerata la recrudescenza del virus e il fatto che ci troveremo in pieno inverno» – «lo stato di emergenza verrà prorogato se necessario» – «Personalmente credo che una estensione sia logica: dobbiamo ancora raggiungere il 90% dei vaccinati e fare le terze dosi, c’è insomma ancora qualcosa che va sistemato, compreso il monitoraggio stretto sulle varianti».
Sono queste alcune delle innumerevoli dichiarazioni che, da una settimana a questa parte, sono state rilasciate da politici ed “esperti” appartenenti al CTS, organo che ormai a tutti gli effetti pare essere divenuto la terza Camera del nostro Paese. Quello della proroga dello stato di emergenza è un ritornello che, con puntuale cadenza, accompagna la vita degli italiani dalla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, ossia quella con la quale l’allora Governo Conte proclamò per la prima volta l’emergenza sanitaria. Oggi, a quasi due anni di distanza, sarebbe lecito attendersi la fine di questa situazione emergenziale (durante la quale, ricordiamo, il governo dispone di un potere di ordinanza che supera le regole ordinarie al fine di fronteggiare speditamente l’emergenza stessa) sia perché i numeri ufficiali non sono più idonei a giustitifcarne la sussistenza sia perché lo “stato di emergenza”, stando a quanto previsto dall’art.24 del D.Lgs 2 febbraio 2018, n. 1 (meglio noto come Codice della protezione civile), «non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi».
A fronte di quanto poc’anzi esposto, viene lecito domandarsi su quali basi il Governo dei Migliori stia valutando l’ennesima, insostenibile e ingiustificabile proroga.
Prima di proseguire nella nostra disamina, è quanto mai opportuno compiere un passo indietro nel tempo al fine di comprendere alcune scelte compiute dai Padri Costituenti nella stesura della Carta Costituzionale.
È fondamentale ricordare che la Costituzione non detta alcuna disciplina in merito allo stato di emergenza. Ciò in quanto, durante i lavori di stesura della Carta, fu ritenuto di primaria importanza evitare di introdurre strumenti che potessero essere impiegati per derogare allo Stato di diritto. Inoltre, onde evitare che il Presidente della Repubblica potesse dichiarare guerra ad altri paesi con finalità di aggressione (e non come risposta a un attacco subito dall’esterno, situazione questa nella quale, invece, egli è legittimato a dichiarare lo stato di guerra ex art. 87 Cost.), con l’art. 11 Cost. venne sancito il ripudio da parte dell’Italia della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. L’unica eccezione fu prevista per il caso in cui fosse stata l’Italia a subire un’aggressione da parte di uno Stato straniero: in questo caso, ai sensi dell’art.78 Cost., «Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari». Quanto previsto all’art. 78 Cost. trova giustificazione nella particolare natura dello stato di guerra, situazione questa nella quale si renderebbero necessari interventi rapidi che, non potendo essere deliberati dal Parlamento in ragione della sua struttura, dovrebbero dunque venire posti in esseredal Governo.
Se l’art. 78 Cost. disciplina lo “stato di guerra”, è stato con la L. 225/1992, prima, e con il d.lgs. 1/2018, poi, che nel nostro Paese è stato introdotto anche il concetto di “stato di emergenza”. Perché si possa parlare di stato di emergenza, però, è necessario che sia soddisfatto il criterio di cui all’art. 7 del predetto d.lgs., ossia si deve essere in presenza di emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbano essere fronteggiate con «mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo». La limitatezza temporale è requisito fondamentale affinché lo stato di emergenza divenga “stato di eccezione”, alterando gli equilibri dell’ordinamento democratico.
A questo punto, non possiamo non interrogarci circa le ripercussioni conseguenti a una proroga dello stato di emergenza oltre il 31 gennaio 2022. Se da un lato è vero che formalmente nulla impedirebbe al Governo di chiudere l’attuale stato di emergenza e immediatamente deliberarne uno nuovo sulla base di presupposti anche solo minimamente differenti da quelli precedenti (e la citazione di Sileri riportata a inizio articolo, «… c’è insomma ancora qualcosa che va sistemato, compreso il monitoraggio stretto sulle varianti», lascia pochi dubbi circa il fatto che al Governo detta ipotesi sia già al vaglio), dall’altro lato è altresì vero che ciò costituirebbe a tutti gli effetti una sovversione dell’ordine democratico. La sussistenza di un problema, quale sicuramente è stato e può essere ancora oggi il Covid, non può e non deve divenire la scusa per giustificare l’esautoramento sine die del Parlamento e la venuta meno dello Stato di Diritto in favore di uno Stato di Eccezione.

 

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