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giovedì, 10 Ottobre, 2024

Il Rendiconto di Alan Patarga – LE GABBIE SALARIALI SARANNO PURE LA CERTIFICAZIONE DI UN FALLIMENTO. MA SEMPRE MEGLIO CHE NON TIRARE A FINE MESE

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Ha fatto rumore l’uscita del ministro dell’Istruzione e del Merito, il leghista Giuseppe Valditara, sull’opportunità di diversificare in qualche modo gli stipendi nella scuola in base al luogo di lavoro. “Io credo che il contratto nazionale non verrà toccato – ha spiegato – semmai una richiesta delle Regioni è quella di consentire una maggiore equità laddove il costo della vita è molto più alto. Questa è la vera sfida. Cioè dobbiamo capire come fare per far sì che un lavoratore che si trova ad avere un costo della vita più alto non vada a guadagnare uno stipendio che nei fatti sia molto più basso”. Parole chiare, nessun riferimento esplicito anche se il pensiero di molti – di chi, almeno, ha qualche anno in più o un po’ di memoria storica – è andato alle cosiddette “gabbie salariali” in uso tra gli anni Cinquanta e i Settanta e che servivano a determinare una differenziazione dei salari proprio in relazione ad alcuni parametri, differenti tra un territorio e l’altro, come il caro-vita.

L’ATTACCO DELLA CGIL

A tirarle in ballo per primo è stato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, con l’evidente intento di affossare il ragionamento del ministro – bollandolo come vecchio e vagamente “razzista” – e passare oltre. Che il sindacato di Corso Italia sia da sempre contrario alle gabbie salariali, ma in generale alla contrattazione di secondo livello e a qualsiasi elemento che tenda a diversificare i salari dai parametri fissati dai contratti nazionali di categoria, non è un mistero. Ma ignorare che esistano differenze sostanziali tra Nord e Sud del Paese in termini di potere d’acquisto – a parità di retribuzione – altro non è che un tentativo di mettere la testa sotto la sabbia, per ragioni di purezza ideologica. Il tema dei salari non può prescindere da una riflessione in questo senso, sebbene di sicuro riesumare uno strumento del passato così com’era oggi non abbia senso. Poi chiamiamola come si vuole: contrattazione territoriale, adeguamento al costo reale della vita, eccetera. Ma il tema c’è, eccome. E presto o tardi bisognerà affrontarlo, con apertura e dialogo, anche per non dibattere intere settimane di storie vere o presunte di bidelle pendolari che con lo stipendio uguale per tutti a Milano non ci possono stare e vanno a dormire a Napoli. Ma la tentazione di dare addosso al leghista antimeridionale era troppo forte, per molti. Così alla Cgil si sono accodati in molti: la Gilda Scuola, la Uil, praticamente l’intero centrosinistra e immancabili anche i 5 Stelle. Insieme, con accenti assai simili, hanno gridato all’attentato all’unità d’Italia, al pregiudizio antimeridionale, alla voglia di questo governo di sfasciare la scuola. Vero? Verosimile? Inverosimile? A pochi sembra interessare che effettivamente fare la spesa e affrontare i costi fissi con 1.500 euro al mese a Milano e a Caltanissetta non è affatto la stessa cosa, sebbene – come giustamente evidenzia lo Svimez – nel Meridione si debba tener conto dei costi indiretti causati dalla carenza o inefficienza dei servizi pubblici.

IL PRECEDENTE DI SALA

Che le gabbie salariali o come le si voglia chiamare siano la certificazione di un fallimento è fuor di dubbio. In 162 anni i governi che si sono succeduti alla guida del nostro Paese non hanno saputo ridurre la distanza tra Nord e Sud e il minor costo della vita meridionale è figlio della scarsità di opportunità che quelle splendide terre continuano a soffrire. Ma negarle per questo non risolverà il problema di chi – con stipendio pubblico e dunque uguale per tutti – in Lombardia o in Veneto o in Piemonte si troverà a condurre un’esistenza meno dignitosa, pur svolgendo un mestiere importante e prezioso per la società come quello di insegnante. Tutto sommato, per giunta a sinistra, ci era arrivato anche il sindaco milanese Beppe Sala. Nel luglio del 2020, parlando della magrezza delle buste paga dei dipendenti di Palazzo Marino, si era spinto nell’ipotizzare esplicitamente il ritorno alle gabbie. Fu attaccato da molti, dagli allora ministri pd Enzo Amendola e Giuseppe Provenzano, ma anche dai pentastellati e da Fratelli d’Italia. Oggi il centrodestra difende svogliatamente il suo ministro, sperando che ‘a nuttata passi presto e si torni a parlar d’altro, persino la Cisl – un tempo favorevole alla contrattazione differenziata, oggi evidentemente meno – lo ha stigmatizzato, per bocca dello stesso segretario Sbarra. Rimane drammaticamente inevaso il tema, mentre il tassametro dell’inflazione ha preso da mesi a girare all’impazzata e a Milano per comprare casa ci vogliono 13 anni di stipendio, contro i poco più di tre di Palermo.

di Alan Patarga

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