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giovedì, 3 Ottobre, 2024

C’E’ IL LAVORO, MANCANO I LAVORATORI

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di Mario Alberto Marchi

Il mancato incontro tra offerta e domanda di lavoro costa all’Italia oltre 21 miliardi, pari all’1,2% del Pil. Molte aziende hanno avviato campagne di assunzioni, ma il mercato risulta offrire 233mila profili in meno, rispetto alla richiesta. Lo dicono i dati dello studio di Censis-Confcooperative “Mismatch, il grande gap da sanare.

Se le imprese avessero a disposizione tutta l’offerta personale di cui hanno bisogno, secondo le proiezioni del rapporto, la crescita del Pil nel 2021 sarebbe salita dal 5,9% al 7,1% con una quota di ai 1.770 miliardi. Analizzando per settori, il difetto è del 2% nelle costruzioni (2,4%), nei servizi di informazione e comunicazione (2,1%) e nelle attività artistiche, sportive e di intrattenimento (2,1%). Nelle attività di alloggio e ristorazione il tasso raggiunge il 2,3%. In questo panorama di mancato sincronia, si installa il dato preoccupante – più volte denunciato – della “distanza” tra giovani e lavoro. Nella fascia 15-29 anni (poco più 9 milioni) 1 su 4 (2 milioni e 100mila) non lavora e non è impegnato in percorsi di istruzione e formazione. Più della metà è costituito da donne (52,7%). La quota di giovani con un basso titolo di studio è del 36,8%, ma se rapportata al mercato del lavoro, risulta altissimo il numero dei laureati: 258mila, pari al 12,3% del totale. Estendendo la fasci di età, che comprende anche la fascia d’età 30-34 anni, porta il totale a 3 milioni e 85mila persone. In sostanza i 30-34enni che non sono impegnati in attività di formazione o lavoro sono pari a 985mila, di cui 651mila donne e 334mila uomini. Il segmento dei laureati è pari a 154mila.

Preoccupante il peggioramento rispetto ai dati del 2020. Gli occupati erano 22 milioni e 904mila, mentre le persone in cerca di occupazione risultavano 2,3 milioni. Le donne erano il 47% dei disoccupati e il 42% degli occupati i giovani il 33%. Del resto l’allargamento della distanza tra domanda e offerta era già stato inquadrato a alcuni mesi fa dal rapporto del Randstad Research “Posti vacanti e disoccupazione tra passato e futuro”, secondo il quale un elemento importante è la sottoqualificazione tecnico-scientifica, avvertita come determinante dal 58% delle imprese.

Venivano anche individuate le 5 professioni più difficili da reperire sul totale delle assunzioni pianificate nel 2019 secondo il tasso di difficoltà di reperimenti: specialisti di saldatura elettrica e a norme ASME, analisti e progettisti di software, saldatori e tagliatori a fiamma, tecnici programmatori e tecnici meccanici.

La fotografia dell’andamento dal 2004 al 2019, ci dice che il   cosiddetto “mismatch” tra domanda e offerta di lavoro ha subito un progressivo peggioramento: in 15 anni il tasso di disoccupazione è passato dal 6% ad oltre il 10%, una situazione che in condizioni normali trova correttivi nelle dinamiche del mercato, ma che nell’urgenza della ripresa post covid richiede provvedimenti immediati.  Il rischio è che una crescita industriale venga depotenziata e che gli stanziamenti del PNRR diano un frutto inferiore a quello pianificato.

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