di Stefano Sannino
Uno dei cardini di quasi tutte le teologie medievali in merito alla dimostrazione dell’esistenza di Dio, consisteva proprio nell’osservazione empirica che l’universo fosse troppo ordinato per poter essere frutto di una creazione a-teista o casuale.
Vi è quindi, evidentemente, un collegamento tra l’idea di Dio e l’ordine, non solo inteso come archetipo cosmico contrapposto al Chaos, ma anche e sopratutto come fine della creazione del nostro Universo.
Vale a dire che, essendo il nostro Universo evidentemente strutturato ed ordinato, è necessario che il suo fine sia l’ordine stesso, l’aggregazione, la regola. Quante volte, ancora oggi, ci è capitato di sentire, detto da un uomo di fede: “Come può non esistere Dio se il mondo è così bello e così ordinato?” Questa affermazione, che viene ripetuta molto spesso, nasconde delle considerazioni di non poca importanza. Anzitutto, l’idea che l’ordine sia connesso alla bellezza. In secondo luogo, la convinzione che Dio agisca riordinando, che l’azione divina sia – in breve – una regolamentazione del Chaos. Ed, in effetti, è proprio così.
Dopotutto, se ci pensiamo bene, ciò che fa Dio nel libro della Genesi è dare regole. Dio dice “Sia la Luce” e la luce fu. Dio dice “Sia il cielo” ed il cielo fu. Dio dice “sia l’uomo” e l’uomo fu.
Il verbo è lo strumento con cui il Dio abramitico dà le sue regole al proprio universo, alla propria creazione. In poche parole, il racconto della creazione è un racconto di ordine, di aggregazione, di regolamentazione di ciò che non esiste o che esisteva in uno stato pregresso di caos.
Questa visione non è però solamente tipica delle religioni abramitiche, ma si ritrova anche in una serie di visioni ellenistiche e classiche, come ben espresso dalla Metafisica di Aristotele o dal Timeo di Platone, in cui l’Universo non viene creato ex nihilo, dal nulla, come nel cristianesimo o nell’ebraismo, ma viene piuttosto riordinato da un Demiurgo, un’intelligenza cosmica che assembla la materia già presente in stato caotico all’interno del cosmo. Anche nel caso del mito demiurgico, dunque, l’idea di creazione e di conseguenza l’idea di Dio è perfettamente associabile all’idea di ordine, di annullamento di uno stato caotico pregresso dell’esistenza.
L’ordine non è dunque più solamente un archetipo cosmico che si contrappone al Chaos e si identifica in Eros, come nella mitologia greca raccontata – per esempio – nella Teogonia di Esiodo, ma è un vero e proprio telos, ovverosia un fine ultimo, uno strumento con cui Dio opera i suoi misteri e le sue azioni nell’universo. A guardare all’azione divina come un “ordinamento” della realtà, non sono però solamente quelle religioni che hanno identificato un unico ed onnipotente Dio, ma anche quei pensieri filosofici che ci raccontano di una creazione ben diversa da quella predicata dai sacerdoti nelle chiese, ma altrettanto connessa all’idea di ordine e di regola.
Quando leggiamo la Genesi o quando ci approcciamo ad una qualsiasi mitologia che parla di creazione, dobbiamo quindi tenere a mente che essa è prima di tutto il racconto di una storia d’amore tra Dio o gli dei e l’ordine, un narrazione dedicata alla bellezza del nostro mondo ed allo stato perfetto in cui tutte le cose si trovano. È la bellezza, in breve, che può farci credere in un Dio.