di Roberto Dognhi
Il 18 Aprile il quotidiano “il Foglio” ha riportato in un articolo un’analisi dei possibili costi sostenuti per la spedizione russa che, il 22 Marzo scorso, è atterrata a Pratica di Mare con materiale definito “di assistenza” (stando sempre a “il Foglio” consistente in autobotti e mezzi di trasporto militari).
Il soggetto cui tali costi sono a carico, valutati peraltro al ribasso in mezzo milione di euro ed al rialzo in due milioni, ad oggi risulta ancora sconosciuto, specie dopo l’invito fatto a di Maio dal quotidiano a rispondere ad una semplice e banale domanda: “Chi ha pagato?”. Contrariamente all’ “Honestà!” e “Trasparenza” che venivano urlati nelle piazze dai suoi adepti, di Maio si è defilato con un comunicato inviato dalla Farnesina alla testata, nel quale dichiara: “la partita di aiuti russi […] non è stata gestita direttamente dal ministero degli Affari Esteri, bensì è frutto di un accordo raggiunto tra i rispettivi vertici di governo, italiano e russo” (fonte “il Foglio).
Tradotto: “Non so se c’ero e se c’ero dormivo, perché è stato Conte a far venire gli aerei e a me ha detto solo di andare a salutare.”
Una risposta alquanto imbarazzante, anche per il Paese nel quale la colpa non è mai di nessuno.
Dopo averci propinato una diretta televisiva di venti minuti dall’aeroporto di Pratica di Mare, mentre entusiasta attendeva l’arrivo dei russi (cosa che conferma la sua presenza e la sua conoscenza dei fatti) il ministro degli esteri ha esplicitamente ammesso la sua inutilità, la sua inconsistenza e, implicitamente, ha confessato chi realmente ha pagato per quei voli: l’Italia.
Dopotutto, se fosse stata Mosca a pagare, sarebbe bastato ammetterlo, facendo anche la figura di “un dritto” che è riuscito a scucire soldi ai russi, la qual cosa non accade in Italia dai tempi del PCI.