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giovedì, 28 Marzo, 2024

Comunicazione e social: non è impedire che chiunque si informi, ma che chiunque possa informare

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di Stefano Sannino

Secondo una leggenda, una delle frasi più celebri di Voltaire, la cui paternità, non è però confermata, sarebbe “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”. L’attribuzione di questa frase a Voltaire, fu un semplice errore storico che si è tramandato a causa dell’autrice che l’ha riportata come citazione nei suoi due testi dedicati a Voltaire stesso. Tutti, con il passare dei tempi, si sono convinti che Voltaire fosse l’emblema della democrazia.
Ed è proprio questa stessa frase che si legge molto spesso, ultimamente, nei social media ove orde di persone – pur dichiarandosi contro Trump – si stagliano contro la censura applicata da Facebook al suo profilo pubblico, perché tutti “devono avere il diritto di dire ciò che vogliono”, lo diceva anche Voltaire.
La realtà dei fatti, a prescindere dalla singola “questione Trump”, è molto più complessa di così perché bisognerebbe riconoscere che l’estremismo, qualunque esso sia, non porterebbe altrove se non alla follia pubblica ed al caos incontrollato. Che ci piaccia ammetterlo o no, il XXI secolo e l’avvento dei social media ha concesso a tutti di esprimere la propria opinione su una piazza frequentata quotidianamente da miliardi di altri esseri umani. Mai come prima le idee si diffondono così velocemente, mai come prima è stato facile mobilitare manifestazioni, rivolte e perfino attentati terroristici.
Proprio per questo motivo, sarebbe essenziale comprendere che, i social media non sono (e non dovrebbero essere) un diritto di tutti, così come non è un diritto di tutti tenere una lezione universitaria o, più semplicemente, scolastica; così come non è diritto di tutti scrivere sulle riviste, sui giornali, o dirigere programmi televisivi: esattamente come tutte queste cose, che a gradi e forme diverse, raggiungono le idee del pubblico che le ascolta, necessitano di un certo grado di coscienziosità e preparazione, anche i social media dovrebbero fare altrettanto.
Non si parla di censura, ma di diritto all’informazione corretta: perché per salvare la democrazia ed evitare che si trasformi in una idiocrazia, bisogna prima di tutto salvaguardare il sapere e l’informazione. Qui non si tratta di impedire che chiunque si informi, ma che chiunque possa informare: una sottile differenza che si è persa di vista, ma che -forse- salverà le nostre democrazie occidentali.

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