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sabato, 27 Aprile, 2024

La débâcle della Cop25 e la rabbia degli ambientalisti

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di Martina Grandori

«Sembra che la Cop25 stia fallendo proprio ora. La scienza è chiara, ma viene ignorata. Qualunque cosa accada, non ci arrenderemo mai. Abbiamo appena iniziato» ha twittato Greta Thunberg dal treno che la riporta a casa – I 196 Paesi riuniti nella capitale spagnola non hanno raggiunto un compromesso sui temi chiave, a cominciare dal meccanismo di calcolo e regolazione dei crediti nel mercato globale del carbonio, punto critico dell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi.

Posizioni molto distanti fra tutti i rappresentati, non c’è stato dialogo, nessun documento deliberato nulla è riuscito a smuovere dalla propria posizione quegli Stati che non vogliono velocizzare il taglio delle emissioni, né ad allargare i cordoni della borsa quando si parla di finanziamenti ai paesi più vulnerabili. Il summit si è chiuso a questione in buona sostanza è stata rinviata a giugno 2020 a summit di Bonn. Forte delusione per Carolina Schmidt – presidente di Cop25 – e per il Segretario generale Onu António Guterres.

Non sono bastate 36 ore ai Paesi firmatari dell’accordo di Parigi per arrivare ad un’intesa rispondendo alle richieste dei giovani del Fridays for Future e per mettere in atto scelte piu’ incisive a favore del clima. In sostanza i nodi di Cop25 erano tre: il mercato dei crediti del carbonio -per evitare il double counting, perché così com’è formulato ora, si rischia che sia il paese venditore che quello acquirente conteggino la quantità di emissioni scambiata, mantenere e potenziare la promessa di taglio del gas serra (Ndc) sottoscritta a Parigi nel 2015, fino ad arrivare ad un taglio netto per il 2030, in ultimo gli aiuti per le perdite e i danni subiti dai Paesi vulnerabili (loss and damage).

Gli stessi Stati vulnerabili chiedono la garanzia che questi sforzi siano formalizzati entro ottobre 2020 al segretariato dell’Unfcc (la Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici), in modo da preparare un rapporto per la Cop 26 (che si terrà a Glasgow l’anno prossimo) e valutare così l’eventuale gap tra gli impegni trasmessi e quelli necessari per centrare gli obiettivi.

Sul banco degli imputati Brasile e Argentina che vogliono essere cani sciolti nella gestione del loro immenso patrimonio di foreste, e quindi di assorbimento di CO2, ma anche l’Europa non si è dimostrata molto collaborativa, “meglio nessun accordo che un cattivo accordo” aveva dichiarato poco prima del summit il capo delegazione del Parlamento europeo, Bas Eickout.Il bilancio si chiude quindi in modo negativo. staremo a vedere, il tempo è sempre meno.God save the planet!

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