Home Arte SIMON BERGER, “FACING GRACE” IN MOSTRA A TREVISO

SIMON BERGER, “FACING GRACE” IN MOSTRA A TREVISO

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In data 14 dicembre si è tenuto il vernissage relativo alla mostra “SIMON BERGER. FACING GRACE” presso Casa Robegan, parte dei Musei Civici di Treviso, che rimarrà aperta al pubblico dal 15 dicembre 2023 al 11 febbraio 2024.

L’allestimento, curato da Sandrine Welte ed il critico d’arte Pasquale Lettieri, fa parte del programma culturale promosso e patrocinato dall’amministrazione comunale, da Galleria Cris Contini Contemporary in collaborazione con la Fondazione Giuseppe Mazzotti.

Gli orari di apertura vanno dal mercoledì al venerdì dalle 15:00 alle 18:00, mentre nel weekend, sabato e domenica, dalle 10:00 alle 18:00. L’ingresso è gratuito.

Ispirandosi alle Tre Grazie di Antonio Canova, l’artista svizzero Simon Berger ha realizzato una reinterpretazione personale dell’opera neoclassica, disponendo, come è solito fare, una lastra di vetro a mo’ di “tela”.

Come Canova, anche Berger si trova a “scolpire” i propri lavori, nonostante il supporto cambi di consistenza e materiale. Così come le Grazie di Canova si contraddistinguono per la resistenza tipica del marmo, così le opere di Berger esaltano la fragilità delle sue lastre di vetro. Eppure, nonostante la consistenza del marmo, le fattezze delle Grazie di Canova risultano morbide e delicate alla vista, mentre il vetro impiegato da Berger, con la sua capacità di rompersi facilmente, al contrario nelle opere di Berger risulta esaltato nella propria compattezza, data proprio dai frammenti delle schegge.

L’utilizzo di un vetro di sicurezza, infatti, che contiene al suo interno uno strato di plastica, assicura che il materiale, anche se rotto, mantenga la propria posizione sul supporto.

Smembrate attraverso la tecnica di “morfogenesi”, le Tre Grazie vengono separate mentre l’artista svizzero ricrea la loro somiglianza sulle sue “tele di vetro” come figure disgiunte. Al posto del pennello, Berger impiega il martello, avvicinandosi anche materialmente all’operato di Canova, incidendo le proprie sculture.

Berger, grazie anche al proprio passato di falegname, si inserisce a tutti gli effetti nell’arte contemporanea, riprendendo tuttavia schemi tradizionali.

La sua arte trascende la dicotomia, creatasi durante il Rinascimento, tra arte e artigianato, mostrandoci come “fare arte” significhi tornare alla sua radice primordiale, quella del comunicare e relazionarsi con l’alterità. Berger infatti si pone l’obiettivo di stimolare il pensiero critico e di far riflettere l’osservatore.

Egli ci dà la possibilità di esplorare quella tensione tra forza e fragilità, che ci porta chiaramente a sconfinare in materia anche esistenzialista, dove il vetro diviene una metafora concreta e tangibile della condizione umana – fragile ma non per questo debole, anzi forte proprio nella propria fragilità e limitatezza esistentiva -, conservando una bellezza intrinseca.

La fragilità viene quindi esaltata come forma di linguaggio artistico, ma non per questo meno filosofico. Il chiaroscuro, che può sembrare dipinto, nelle opere di Berger consiste nella composizione che si viene a creare mediante le schegge di vetro, tra loro compatte. Ed è proprio così che la distanza tra arte e artigianato in Berger trova una piena e impressionante conciliazione.

Fragilità e resistenza del vetro non sono le uniche polarità che si manifestano attraverso il suo genio creativo: come abbiamo visto, l’atto artistico funge da metafora esistenziale, andando a porre l’osservatore come parte integrante della composizione, motivo per cui non è unicamente l’oggetto fisico il prodotto dell’arte, ma anche il coinvolgimento di soggettività ad esso esterne.

Possiamo dire che l’arte di Berger sia un ibrido perfetto tra incisione e scultura, così come tra disegno e fotografia, per via del realismo che emerge dall’illusione ottica del vetro frantumato che va a comporre i suoi ritratti.

Le opere dell’artista svizzero si distinguono come manifestazioni tanto di creazione quanto di distruzione, perche è proprio grazie alla rottura del vetro che i ritratti possono emergere.

Questa allusione è una delle più antiche e care al mondo simbolico umano, perché fanno leva sulla caducità della vita è anche sul fatto che la sofferenza (che può essere incorporata dalle schegge e il momento di rottura del supporto vitreo) come forma di conoscenza – già i greci parlavano di “pàthei màthos” – e forma esistentiva.

Viene anche a mostrarsi il dualismo tra equilibrio e tensione ogni volta che guardiamo alle opere di Berger: un equilibrio precario che potrebbe distruggere interamente il ritratto, se il vetro venisse colpito troppo forte o non fosse dotato di supporto ulteriore, ma anche un vetro che è bilanciato nella propria composizione interna, caratterizzata da una tensione tale da permettere che l’opera sopravviva agli urti. Anche in questo caso, molte sono le allusioni filosofiche che possiamo riscontrare.

Nondimeno, discostandoci dagli echi tradizionali, troviamo nelle opere di Berger anche la sua piena aderenza all’arte contemporanea. Troviamo infatti la differenziazione tra decoro e vandalismo, che nell’artista sono ribaltate.

L’atto di rompere il vetro – in particolare le vetrine, di negozi o parabrezza di automobili – è visto comunemente come un gesto incivile, vandalico, indecoroso. Eppure, l’opera emerge nella sua piena contraddizione con autentica bellezza, dissolvendo quei rigidi dettami sociali a cui siamo abituati e a cui la mente è abituata a rifarsi nel quotidiano.

Berger rompe, in altre parole, attraverso le sue opere, anche quella parete che divide l’universo dell’arte e la vita di tutti i giorni, perché ci sprona a rivalutare i nostri preconcetti e il modo di pensare il mondo.

Giulia Di Loreto
Filosofo