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venerdì, 26 Aprile, 2024

Come è cambiato il rapporto tra maestri e allievi?

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di Stefano Sannino

La forma che regola il rapporto allievo-maestro sembra oggi essere ben stabilita, ma non ha però sempre caratterizzato il rapporto didascalico occidentale. L’errore più grande che si può fare quando si parla dei maestri antichi e dei loro discepoli è quello di leggere il loro rapporto con una prospettiva moderna, che mal si adatta invece alla realtà storica dei fatti. Oltre, naturalmente, ad una differenza nei contenuti d’insegnamento e nei metodi (basti pensare che Socrate era solito insegnare per le strade,  che Aristotele fondò la sua scuola peripatetica proprio sull’apprendimento itinerante) e anche la natura del rapporto era, spesso, molto diversa. Allievo e maestro, riuscivano ad instaurare, sia in epoca greca che in epoca romana, un rapporto molto stretto, tanto da diventare anche fisico. 

In questa specie di rapporto omosessuale, praticato ed accettato in tutto il mondo classico, il maestro – di gran lunga più anziano dell’allievo – prendeva il nome di “eraste”, mentre il discepolo ricopriva il ruolo di eromeno. Gli eromenes, ovvero i giovani di bell’aspetto, non venivano però valutati e scelti per questo genere di rapporto solamente per la loro bellezza fisica, ma anche e sopratutto per il loro coraggio, per la loro operosità e modestia. Lungi dall’essere paragonabile a quella che oggi verrebbe subito etichettata come una forma di pedofilia, il rapporto allievo-maestro era una pratica così diffusa ed accettata da essere entrata a far parte degli scritti di Platone, che si erge a difesa degli eromenes, descritti come i ragazzi migliori tra tutti. Il cambiamento di ruolo avveniva, secondo gli studiosi, intorno ai 18 anni quando – raggiunta la maturità – un eromene diventava eraste, potendo dunque scegliere personalmente un suo amante: questa è infatti proprio l’origine della parola, che deriva dal vero eràō (amare).

Questo genere di rapporto è la dimostrazione pratica di quanto fosse variegata ed ampia la concezione di amore che avevano i popoli antichi dell’età classica e che comprendeva contemporaneamente sia il matrimonio che l’amore tra persone dello stesso sesso. Lo stesso Socrate, si dice, avesse due mogli contemporaneamente ad un rapporto di natura omosessuale con il giovane più bello di Atene, Alcibiade. 

Anche l’esperienza di Socrate, dunque, dimostra quanto fosse diverso il rapporto tra maestri e allievi nel passato: rapporto, che sarebbe poi stato destinato ad evolversi in quella formale relazione che oggi conosciamo tutti e che viviamo nelle scuole. Eppure, questa stessa esperienza, dimostra anche che per i Greci l’unico motore per la conoscenza fosse l’amore, in ogni sua forma ed in ogni contesto della vita umana.

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