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mercoledì, 24 Aprile, 2024

Tornano gli elogi all’UE: narrazione o realtà?

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di Gabriele Rizza

Ci risiamo. È durata il tempo di una sbornia la compattezza italiana davanti alla gaffe del Presidente della BCE, Christine Lagarde, che sosteneva di non voler fare qualsiasi cosa per salvare l’eurozona, facendo così schizzare il nostro spread oltre i 300 punti. In quel momento, tutti, dal Presidente Mattarella al “tecnico” Mario Monti, fino al titolare della pagina Facebook più famosa d’Italia, Giuseppe Conte, insieme alle opposizioni, avevano quantomeno alzato la voce contro l’economicidio tentato dalla Lagarde.

Sembrava un punto di svolta. La presa di coscienza, nel mezzo di una crisi senza precedenti, di capire quando l’Italia subisce un’ingiustizia e quando no, cosa sia difendere i cittadini italiani e cosa sia ingannarli con la retorica. Non si trattava di andare contro l’UE ma capire cosa fosse contrario all’interesse collettivo, ricordando sempre che l’UE non coincide con l’Europa. E invece è bastato l’alzarsi del primo dito di Bruxelles per tenderci la mano, è bastato il “siamo tutti italiani” di Ursula von der Leyen ed è bastata la promessa della BCE di mobilitare 750 miliardi per sostenere l’acquisto di titoli di Stato dei paesi europei per far tornare alla ribalta personaggi di nuova e vecchia data.

Nicola Zingaretti dice che “senza l’Europa non ce l’avremmo mai fatta”. Cosa ci siamo persi? Forse i nostri disoccupati hanno ricevuto dei bonifici sui loro conti e non se ne sono accorti? I contagi si sono arrestati o medici, infermieri e respiratori si sono moltiplicati con il messaggio di solidarietà della Commissione Europea? Poliziotti e commessi dei supermercati lavorano nella massima sicurezza? No non ce l’abbiamo fatta, caro segretario del PD, i carri funebri militari ancora girano per Bergamo e presto la gente finirà i soldi. La fissazione- in questo caso con l’UE- è peggio della malattia, come dice un proverbio popolare.

Poi abbiamo visto l’invito di Romano Prodi agli italiani ad esporre il 21 marzo la bandiera dell’UE, aggiungendo che ”avere avuto una risposta così forte dall’Europa, in un momento così drammatico, è come aver preso a schiaffi tutti coloro che con fare un po’ da sciacalli si auguravano che l’Europa non facesse nulla, in modo da dimostrare la sua inutilità”. Peccato che la bandiera dell’UE ce l’abbiano solo nelle sedi del PD, insieme a quella francese. Qual è poi la risposta forte dell’Europa? Ricordiamo che 750 miliardi sono una briciola del famoso “bazooka” di Mario Draghi e niente di più è stato fatto, se non sospendere “temporaneamente” il patto di stabilità. Il nodo cruciale sta proprio qui: far passare la normalità di una risposta alla crisi come una vittoria storica. E se la normalità è una vittoria, prima era un disastro.

Potremmo iniziare a credere all’Unione Europea quando, dal proprio bilancio, tirerà fuori il cash da destinare direttamente a famiglie e imprese, e non solo per ingrandire il nostro debito pubblico, perché questo sarà l’effetto dei 750 miliardi. Inizieremo a credere all’UE quando l’Italia andrà oltre i 25 miliardi stanziati per l’economia reale, perché il “permesso” a spendere questa cifra ridicola ce lo siamo dovuto sudare, a Bruxelles. Crederemo all’Europa quando avremo l’assoluta certezza che, finita l’emergenza sanitaria, i paesi del Nord non aspetteranno il nostro cadavere al fiume per farci ripagare tutto con piani di rientri lacrime e sangue.

Per Prodi la risposta dell’UE serve a stroncare il nazionalismo crescente. Questa è un’offesa agli italiani. Il nazionalismo è un’ideologia, a volte rozza ma ha una base culturale. Gli italiani invece stanno solo reagendo con sentimento patriottico, che altro non è se non la consapevolezza di ricevere il primo soccorso da chi ci è più vicino. La retorica, semmai, è di questi europeisti acritici, incapaci di uscire dalla narrazione ed entrare nella realtà. Nel vedere sempre un limite in ciò che ha un’identità.

E alla fine, vediamo lui, Giuseppe Conte, bussare alla porta dell’UE per accedere ai fondi del MES, senza avere la certezza di non trovarci la Troika a casa. Che poi, ben 58 miliardi del MES, li abbiamo messi noi italiani, alzando quel debito pubblico che tanto ci fa stare con la pistola alla tempia. E sacrificando “qualche” posto letto negli ospedali.

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