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giovedì, 25 Aprile, 2024

La liturgia del terrore scricchiola di fronte alla proposta di tampone per i vaccinati, l’ennesima contraddizione della gestione pandemica

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di Alessandro Giugni

«L’Italia si sta avvicinando a grandi falcate alla zona arancione», «È una corsa contro il tempo», «Lockdown per i non vaccinati ipotesi sempre più concreta, non c’è tempo per rimandare ancora», «Ipotesi di mascherine FFP2 anche all’aperto sempre più concreta», «È più che mai necessaria una cabina di regia il 23 dicembre per valutare nuove misure ancor più restrittive per scongiurare l’avanzata della variante». Queste affermazioni sembrano provenire dai giornali del dicembre 2020… Sorprendentemente, però, non è affatto così: esse costituiscono i titoli dei principali quotidiani del giorno lunedì 20 dicembre 2021. Paradosso temporale o storia di ordinaria follia?
Dopo due anni di liturgia comunicativa del terrore, di dati mai correttamente forniti a cittadini sempre più smarriti, di stravolgimenti giornalieri delle regole (alla faccia diprecisione, determinatezza e tassatività che dovrebbero esse corollari del principio di legalità), ecco che nuovamente il Governo si appresta a rimescolare le carte in tavola. Come? Semplice: nonostante 106.307.025 di siericomplessivamente inoculati, l’85,39% della popolazione over 12 con 2 dosi e 15.372.514 richiami già effettuati(clicca qui per accedere al portale per consultare i dati), per giovedì 23 dicembre è stata convocata una cabina di regia dove si discuterà di nuove misure restrittive, in particolare dell’opportunità di imporre anche a chi ha completato il ciclo vaccinale di sottoporsi a un tampone come conditio sine qua non per accedere a cinema, teatri e stadi. Come se ciò non fosse già sufficientemente paradossale, a rincarare la dose sono le indiscrezioni che riporta il Corriere della Sera (clicca qui per leggere l’articolo): «È escluso che si richieda il tampone per andare al ristorante ma è quasi scontato che sarà invece obbligatorio per partecipare alle feste e alle cene nei locali pubblici». In che senso? Ci risulta che i ristoranti siano locali pubblici. Forse, però, abbiamo trovato la chiave di lettura. Probabilmente gli instancabili membri del CTS e i Migliori del Governo Draghi si sono concessi una pausa dopo 2 anni di fatiche e tutti insieme hanno visionato(ovviamente regolarmente distanziati, con 3 mascherine ffp2 e una chirurgica indosso e 44 dosi ciascuno) Batman Begins, restando folgorati dalla scena nella quale il miliardario Bruce Wayne stacca un assegno da qualche milione di dollari per acquistare l’hotel nel quale era intento a cenare, così da poter cambiare le regole all’interno dello stesso e permettere alle sue accompagnatrici di fare il bagno nude nella vasca d’ingresso. Perbacco, la soluzione ai problemi del riottoso cittadino italiano era davanti ai loro occhi: chi non vorrà farsi il tampone per andare al ristorante, d’ora in avanti, dovrà acquistare l’attività e l’immobile, così da far perdere ad esso la dicitura di “locale pubblico”. Geniale.
Ma quali effetti ha prodotto la ventilazione dell’ipotesi (che, per come siamo stati abituati negli ultimi due anni, altro non è se non una concreta anticipazione di ciò che realmente accadrà) di richiedere il tampone anche ai vaccinati?
In primis, dai sudditi si è levata subito un’ondata di indignazione. Basta accedere a un qualsiasi social network (Twitter in primis) per prendere coscienza di come questa notizia abbia profondamente stravolto le convinzioni di coloro i quali fino a ieri si sentivano moralmente superiori in virtù della loro adesione alla campagna vaccinale: in un battito di ciglia si è passati da «mi sono vaccinato per il bene della collettività, la vaccinazione è un atto d’amore verso il prossimo e chi non aderisce non deve avere i miei stessi diritti» a «non mi farò mai un tampone perché mi sono vaccinato». Dov’è finita la tanto sbandierata e millantata responsabilità verso gli altri? Forse si sta prendendo coscienza che la validità degli strumenti diagnostici muta in base agli umori di chi governa e non in base a studi supportati da dati? Impossibile dimenticare chenon più tardi del 4 dicembre il Governo, per giustificare l’introduzione del Super Green Pass, dichiarò inaffidabili i tamponi. Dunque, perché ora improvvisamente essi tornano a essere imprescindibile requisito per la frequentazione dei luoghi di aggregazione? È sconcertante prendere coscienza di come le argomentazioni a sostegno delle più improbabili tesi dei no-vax siano fornite proprio dal Governo e dalla più che mai confusa comunità scientifica.
In secundis, numerose associazioni di categoria hanno immediatamente manifestato la propria contrarietà a una simile misura. Due esempi su tutti li troviamo in AGIS (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo) e in Federalberghi, che hanno evidenziato come le conseguenze sui rispettivi settori di riferimento sarebbero disastrose. Ma come? Fino al 6 dicembre proprio esse stesse hanno battagliato a fianco del Governo affinché si estromettessero dalla vita sociale tutti coloro i quali avevano deciso di non aderire alla campagna vaccinale, preferendo ricorrere unicamente ai tamponi, e ora parlano di «8 milioni di disdette a causa dell’incertezza creata da una comunicazione scoordinata» e di «obbligo di un tamponeche comporterebbe un fortissimo disincentivo alla partecipazione agli spettacoli»?
Viene da chiedersi, poi, cosa pensi di una simile idea il Ministro Brunetta che, non più tardi dell’11 settembre 2021, davanti a una platea di asserviti ascoltatori, qualificava i non vaccinati come «zoccolo di opportunisti» e si esprimeva come segue: «Bisogna aumentare agli opportunisti il costo della non vaccinazione. […] Qual è la logica, direi geniale, del Green Pass? I tamponi sono un costo psichico – farvi infilare dentro al naso fino al cervello i cotton fioc quelli lunghi – e un costo monetario e organizzativo» (clicca qui per vedere il video integrale). O, ancora, cosa ne pensi Bruno Vespa, il quale, durante un suo intervento a Cartabianca l’11 novembre 2021, asseriva convintamente che: «Perché dopo la terza dose devo farmi il tampone? Ma non scherziamo» (clicca qui per il video).
Tutto quanto sopra sarebbe già sufficientemente paradossale, ma, se è vero che al peggio non c’è mai fine, ci risulta impossibile non chiudere questa breve riflessione riportando l’ultimo slogan di una gestione emergenziale che definire controversa è un eufemismo. Se pensavate che le vette della follia comunicativa fossero già state raggiunte, vi sbagliavate: nessuno di noi avrebbe mai potuto anche solo immaginare che l’iconica canzone natalizia Jingle Bellspotesse essere presa di mira dalla straripante mania di protagonismo delle Virostar ed essere storpiata in «SI SI Vax» (clicca qui per il video). Il tristemente ormai noto trio Crisanti-Bassetti-Pregliasco si esibisce in uno spettacolodegno del peggior episodio di South Park e che valica il limite del ridicolo con strofe quali «Se vuoi andare al bar / felice a festeggiar / le dosi devi far» o «per fare un buon Natal / mangia il panettone / vai a fare l’iniezione». Ed è veramente triste notare come tali personaggi riescano a dire tutto e il contrario di tutto anche in quella che a tutti gli effetti appare una manovra di marketing mal riuscita: «Con la terza dose / tu avrai feste gioiose», una strofa che appare quanto mai contraddittoria nel momento in cui si profila all’orizzonte l’ennesima cabina di regia volta a disporre restrizioni per ciascuno di noi.

 

 

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