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giovedì, 25 Aprile, 2024

OCCHIO PER OCCHIO.

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Per chi non la conoscesse ancora Marina Abramović è un’artista serba che mette in scena opere d’arte controverse con l’intento di scrutare a fondo l’animo umano, mettendo in luce sia gli aspetti positivi, che quelli più oscuri.
In particolare durante la performance Rhythm 0, tenutasi a Napoli nel 1974, l’artista si era collocata in piedi al centro di una stanza in cui erano presenti vari oggetti (coltelli, piume, corde, forbici e persino una pistola) e fu detto agli spettatori che per sei ore sarebbe rimasta immobile come un oggetto e ognuno avrebbe potuto fare di quel corpo ciò che desiderava, impunemente.
Dopo un paio di ore di titubanza, gli spettatori iniziarono ad accanirsi sull’artista, in modo violento e incontrollato: le tagliarono i vestiti, le tagliuzzarono la pelle con una lametta, fino a puntarle contro la pistola. A quel punto altri spettatori intervennero e nacque un’accesa discussione che rischiò di sfociare in una rissa.
 
La performance, tutto sommato, aveva funzionato. Aveva mostrato il peggio degli esseri umani che, se sicuri dell’impunità sono capaci di dare sfogo alle peggiori fantasie sadiche. L’opera della Abramović però si concludeva con una flebile speranza. Qualcuno, alla fine, aveva reagito.
Ma da dove veniva tutta quella aggressività? Che cosa porta un individuo a far del male ad un altro essere vivente?
 
Si è studiato molto sull’aggressività e sono state formulate diverse teorie in ambito psicologico, psichiatrico e neuropsicologico che cercano di trovare un causa a questo comportamento. Come nella maggior parte dei temi importanti è presente un contrasto tra natura e cultura: l’aggressività è presente nell’essere umano fin dalla nascita o si forma con l’esperienza a causa dell’ambiente educativo, sociale e culturale?
 
Proprio per via di questo dibattito si possono dividere le diverse teorie in due grandi gruppi: le teorie biologiche, in cui si sostiene che il comportamento aggressivo è una parte innata della natura umana e che siamo programmati dalla nascita ad agire in questo modo; il secondo gruppo è composto dalle teorie sociali dell’aggressività, le quali considerano questo comportamento derivante dall’ambiente in cui il bambino è inserito fin da piccolo e l’educazione ricevuta.
 
Una delle teoria appartenenti al primo gruppo è quella psicodinamica, il cui maggiore esponente è Freud. Secondo Freud l’aggressività umana nasce da un innato istinto di morte, contrapposto ad un stinto di vita; inizialmente l’istinto di morte è diretto all’autodistruzione, ma crescendo il bambino dirige questo istinto verso gli altri.
 
Un’altra teoria rappresentativa di questo gruppo è quella etologa, una teoria che studia principalmente il comportamento degli animali. L’etologia sottolia gli aspetti positivi e funzionali dell’aggressività, ma sottolia come, mentre l’istinto aggressivo è innato, il comportamento aggressivo reale è suscitato da stimoli specifici dell’ambiente conosciuti come catalizzatori.
Uno dei maggiori rappresentanti dell’etologia è Konrad Lorenz, il quale estese le sue argomentazioni sugli animali agli umani, sostenendo che anche quest’ultimi sono in possesso dell’istinto al combattimento, ovvero l’impulso innato all’aggressività; tuttavia la ragione della sua presenza nel comportamento umano non è così facilmente ricavabile, in quanto, mentre per gli animali l’aggressività è necessaria per la sopravvivenza e lo si può notare dalle caratteristiche fisiche che possiedono quali artigli e denti affilati, per l’uomo non vale allo stesso modo.
 
Nel gruppo delle teorie sociali troviamo la teoria della frustrazione, per cui l’uomo per raggiungere i propri obiettivi attiva una certa quantità di energia psichica: se si raggiungono i propri obiettivi l’energia viene consumata, ma se ciò non accade c’è uno squilibrio dovuto all’energia non consumata, il quale può essere corretto solo con l’aggressività. Solitamente il bersaglio dell’aggressività è l’agente scatenante, ma delle volte esso non ha forma, è indefinito o troppo potente, pertanto si sposta la propria energia aggressiva verso un capro espiatorio, ovvero un individuo o un gruppo che diventa il bersaglio della collera.
 
Una seconda teoria appartenente a questa categoria è quella dell’apprendimento sociale adottato da Albert Bandura. Sebbene Bandura riconoscesse che i fattori biologici costituiscono una base importante, la sua idea fondamentale è quella di considerare l’esperienza di vita come il fattore fondamentale capace di farci prevedere il tempo e il modo in cui si manifesta l’aggressività.
L’esperienza può essere diretta o vicaria:

  • L’apprendimento per esperienza diretta si basa sui principi del rinforzo, per cui un comportamento è stabilizzato grazie alle ricompense o alle punizioni effettivamente esperite dal bambino.
  • L’apprendimento per esperienza vicaria si verifica attraverso il modellamento e l’imitazione delle altre persone. Con il termine di modellamento si intende la tendenza naturale delle persone di riprodurre azioni, comportamenti e risposte emotive di un modello, come un coetaneo, un adulto o una persona che ammiriamo.

 
Sebbene non ci sia un’unica teoria unificatrice che riesca a trovare una causa e una spiegazione all’aggressività, è tuttavia innegabile il fatto che tale comportamento sia di fatto presente nella natura umana. Anche se abbiamo spesso la tendenza a considerarci superiori a qualsiasi altro essere vivente, in realtà possiamo essere altrettanto crudeli e perfidi, se non peggio; a questo punto sta ad ognuno di noi decidere come comportarci quando sentiamo che la rabbia avampa, con questo non voglio dire che arrabbiarsi è un male, anzi se ci si tiene tutto dentro possono comparire altre problematiche, ma possiamo tenere sotto controllo le nostre azioni ed evitare che sfocino in aggressione verso l’altro. 

Beatrice Capoferri, 
Redazione Milano.

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