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giovedì, 28 Marzo, 2024

Legge contro la masturbazione: quando la provocazione sfugge di mano

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Gli Stati Uniti non smettono mai di stupirci. L’ultima assurdità viene dal Texas dove una parlamentare ha proposto, provocatoriamente, una legge per limitare la masturbazione maschile. Jessica Farrar, questo il nome della parlamentare, ha proposto di vietare agli uomini di masturbarsi al di fuori di centri medici appositamente attrezzati. Pena: una multa. Le ragioni? Ecco cosa dice il testo:

Ogni emissione masturbatoria non regolata fuori dalla vagina di una donna o al di fuori di una struttura medica o sanitaria, sarà sanzionata con 100 dollari ciascuna e sarà considerato un atto contro un bambino non nato e contro la sacralità della vita. [Fonte Gaypost]

La parlamentare texana Jessica Farrar.

L’intento della parlamentare era quello di lanciare una provocazione contro gli atteggiamenti sessisti dei politici uomini. Con l’elezione di Trump è tornato in auge il tema dell’aborto e dei diritti della donna riguardo la gestione della propria sessualità e del proprio corpo. L’amministrazione attuale ha tagliato i fondi alle associazioni che si occupano di interruzione della gravidanza, rendendo per molte donne molto difficile abortire. La Farrar ha quindi pensato di ripagare gli uomini con la loro stessa moneta: se loro possono legiferare e decidere sul corpo delle donne, allora una donna può fare altrettanto sul corpo degli uomini. Va detto che la parlamentare non voleva veramente proibire la masturbazione, ma solo far capire ai colleghi come si sentono le donne ogni qual volta gli uomini decidono per loro.
Ma gli USA sono il paese delle stranezze e, quindi, la legge rischia di essere approvata. Il testo, infatti, ha passato una prima lettura e ha trovato terreno favorevole. I maschi texani rischiano di vedersi togliere il diritto di masturbarsi.
La proposta di legge della Farrar dimostra tutta la superficialità di molta politica occidentale (il problema non riguarda solo gli USA). Invece che fare campagne politiche e culturali che diffondano le idee, si preferisce lanciare delle “provocazioni”, di sicuro effetto mediatico per chi vuole far parlare di sé, ma di scarso effetto nell’ottenimento dei diritti. Le provocazioni, infatti, spesso inaspriscono il dialogo e portano gli altri ad alzare delle barriere. E questo è un danno, poiché non fa altro che impedire una vera discussione dei temi, ritardando l’ottenimento dei propri scopi. Ciò nonostante la provocazione sembra essere uno strumento sempre più utilizzato. Forse perché, come si diceva, fa spettacolo e piace molto ai media e, quindi, è un ottimo strumento per quei politici che vogliono far parlare di sé e guadagnare in notorietà. E, di sicuro, se la legge sulla masturbazione sarà approvata, gli uomini texani si ricorderanno della Farrar per lungo tempo.
Negli ultimi decenni l’uso delle provocazioni è aumentato vertiginosamente. Mentre i media (televisione e internet in primis) divenivano sempre più forti e invasivi, la politica diventava sempre più spettacolo e si svuotava di contenuti. Al dialogo e alla cultura si sono sostituiti gli slogan e le provocazioni. E quando queste sfuggono di mano ci troviamo con casi grotteschi e ridicoli come quello texano.
In conclusione, vorrei fare un’ultima riflessione sulla superficialità della parlamentare che con la sua proposta mette sullo stesso piano la masturbazione (maschile o femminile poco importa) e l’aborto. Due cose che a chiunque abbia un minimo di cervello risultano ben diverse. La masturbazione non uccide un essere vivente e non provoca traumi a chi la fa. Pensare che abortire sia un gesto di uguale valore al masturbarsi è segno della degenerazione etica della nostra società e della superficialità totale della politica. Un atteggiamento pericoloso dal quale tutti abbiamo da perdere. Non a caso molti attivisti (e soprattutto attiviste) che si battono per il diritto all’aborto, trattandolo come fosse una scelta qualunque, come tagliarsi i capelli o, appunto, masturbarsi, lasciano poi sole le donne che si trovano in situazioni di debolezza e povertà tali da indurle all’aborto. Un approccio distaccato dalla realtà che fa dimenticare le persone in nome di una ipotetica “libertà” che, in gran parte dei casi, è solo una scelta obbligata dalla necessità. Invece di urlare a gran voce che la donna deve poter abortire, sarebbe meglio star vicini alle donne incinta che non hanno mezzi per crescere il figlio e decidono, per questo, di porre fine alla gravidanza. Si salverebbe così il bambino e si eviterebbe un trauma alla donna. Perché l’aborto è un trauma e lascia ferite psicologiche evidenti. Capiamo però che la retorica della “libera scelta” è molto più comoda e facile di una seria analisi della realtà e dell’impegno ad aiutare le donne in difficoltà.
Si intenda, non credo che l’aborto debba essere vietato e, anzi, credo debba essere garantito. In passato mi sono espresso, proprio su questo sito, contro l’assurdità dell’obiezione di coscienza dei medici antiabortisti. Se non si garantisce la possibilità di abortire, si ottiene solo il ritorno dell’aborto illegale. Quindi, in un’ottica di riduzione del danno, si deve avere la certezza di poter abortire. Un paese civile, però, dovrebbe fornire alle donne tutti gli strumenti necessari per evitare di dover abortire. E questo non si ottiene con le provocazioni, ma con la ragione e la civiltà.

Enrico Proserpio

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