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sabato, 20 Aprile, 2024

L’ACCIAIO ITALIANO E LO STATO D’ARGILLA

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di Mario Alberto Marchi

In tutto, alla fine, il salvataggio dell’ex Ilva, costerà allo Stato quasi 700 milioni.

Un’operazione che più di quelle operate nei confronti delle banche (Montepaschi), più di quelle a beneficio di aziende di servizi (Alitalia), segna il ritorno all’economia di Stato. Un passo indietro? Una resa di fronte ad una economia di mercato che ci ha visti incapaci di evolverci? Apparentemente, sì; ma per la produzione siderurgica il ragionamento che va fatto è un po’ più complesso.

Innanzitutto, va detto che la nostra filiera, -in gran parte rappresentata dalla produzione, ma anche dalla distribuzione e commercializzazione – è la decima nel mondo e la seconda in Europa dopo la Germania; dà lavoro a quasi 35.000 persone, con ricavi per quasi 60 miliardi di euro. Se è vero che sono presenti molti colossi internazionali, è anche vero che il settore conta solidissime realtà nazionali, come conta, nei diversi segmenti, gruppi con fatturati miliardari, come Duferco, Arvedi, Danieli.

Insomma, un pilastro dell’industria nazionale, che nei primi mesi di quest’anno ha risentito della crisi covid più che altrove.

A marzo, la produzione è scesa del 40,2%, una diminuzione doppia rispetto al -20,9% della Germania, al -13,2% della Francia e al -14% della Spagna.

Nello stesso periodo, è stato registrato un – 6% degli Usa e -1,7% per la Cina che è ormai l’irraggiungibile maggior produttore mondiale.

Insomma, si tratta di un settore fondamentale, ma – tanto per cambiare – al quale è necessario metter mano con urgenza.

Far entrare massicciamente lo Stato è la soluzione? La risposta è “ni”. Ha senso come provvedimento emergenziale, ma distrae l’attenzione dalla vera necessità: un progetto politico. Sì perchè quel che rende vincente l’acciaio cinese è – ad esempio – l’estraneità ai vincoli di attenzione ambientale che giustamente l’UE si è imposta. Vincoli sacrosanti, a meno di voler assistere ancora a stragi di intere generazioni di operai e loro familiari, ma a fronte dei quali serve una strategia sul piano degli incentivi finanziarti comunitari che vanno intercettati con progetti seri e credibili. In Germania, ad esempio, sono già stati varati piani imponenti di alimentazione dell’industria siderurgica con energie pulite, mentre da noi tutto ricade sulla buona volontà delle aziende. E lo Stato tira fuori di tasca 700 milioni per l’ex Ilva, ma non ha presentato alcun progetto specifico per il settore, nel piano da 200 e passa miliardi del prossimo Recovery Fund.

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