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giovedì, 28 Marzo, 2024

La simbologia del gatto nel paganesimo e nella stregoneria

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di Ahsife Oscura

La simbologia del gatto da sempre attraversa il tempo ed ancora oggi la figura di questo elegante felino ci riporta indietro in epoche lontane ed affascinanti. Nonostante il suo ruolo di animale domestico, la storia del gatto affonda le sue origini nei culti pagani ove era considerato alla stregua di una divinità. La prima immagine che affiora alla mente quando si parla della bellezza sopraffina dei gatti è sicuramente quella dell’epoca egizia, civiltà che più di tutte ha elevato questi animali al rango di divinità. È proprio nella tradizione egizia che è possibile ritrovare il felino in molte sfaccettature mitologiche: dalla Dea Bastet (o Bast), la Dea gatto maggiormente conosciuta, fino al meno noto Mosis, il grande gatto che ogni notte lottava con Ra contro il serpente Apopi; anche la Dea Iside incarnava la bellezza dei gatti, soprattutto grazie ai riflessi dorati dei loro occhi che richiamavano la simbologia delle fasi lunari.  

Anche la mitologia norrena ha assunto la figura del gatto nella propria tradizione, poiché si credeva guidassero il carro della Dea Freya e fossero fautori di buona sorte per i neonati e le grandi famiglie, peculiarità che torna anche nell’Induismo con la Dea Shasthi, divinità preposta alle nascita ed alla fertilità.

Il gatto è da sempre considerato un animale legato al mondo della spiritualità poiché il suo forte legame con l’invisibile connette l’uomo al divino. Anche gli alchimisti conoscevano molto bene le caratteristiche spirituali dei gatti e molto spesso facevano loro compagnia durante gli esperimenti della Pietra Filosofale, ricercando in essi l’ispirazione. Meno noto è il cosiddetto “gatto del focolare” che spesso è possibile osservare in alcuni dipinti, intento apparentemente a scaldarsi di fianco al camino: in realtà esso assorbiva potere ed energia dal fuoco diventando così “magico”.

Nel tempo il gatto acquisì connotazioni sempre più negative ed oscure, grazie soprattutto all’avvento della paura per le streghe: il gatto finì quindi per essere definito come un animale diabolico, fedele servitore di quelle streghe che attraverso di lui compivano i peggiori orrori.  Il gatto nero in particolare fu additato dalla credenza di essere portatore di sfortuna nonché animale maggiormente accostato alla stregoneria, tanto che nel Medioevo moltissimi di loro furono sterminati a causa della superstizione.

Oggi i gatti non hanno perso affatto il loro meraviglioso fascino e quell’eleganza che li contraddistingue, nonostante alcune reminescenze di vecchie superstizioni ancora incombano su di loro: è infatti comune leggere – a cadenza annuale – l’allarmismo del tutto infondato da parte di alcune associazioni animaliste che rifiutano l’adozione dei gatti (soprattutto neri) in determinati giorni dell’anno. Lo spauracchio della strega malvagia è ancora tristemente in auge, così come la paura che i gatti possano essere uno strumento del diavolo. Per il suo carattere selvaggio, indomito e misterioso, il gatto è stato accostato alle più disparate figure considerate nefande, quali la Lilith ebraica, la “mai sottomessa”, colei che si ribellò a Dio ed all’uomo in virtù della propria libertà. Allo stesso modo al gatto resta impresso un fascino senza tempo, ammantato da miti, leggende ed un pizzico di verità. 

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