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giovedì, 28 Marzo, 2024

La parola di Dio: le lettere ebraiche ed il loro simbolismo III

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Nome: Ghimel

Valore Ghematrico: 3

Significato: Cammello

Come abbiamo visto per le prime due lettere dell’alfabeto ebraico, la Aleph e la Beth, anche per la Ghimel il significato simbolico può essere dedotto dalla sua forma vagamente allusiva. La piccola gobba superiore e le due gambe inferiori fanno infatti pensare proprio ad un cammello. Questa parola è però usata impropriamente, in questo caso specifico, in quanto i cammelli vivono solamente in Asia e dunque sarebbe più proprio parlare di dromedario.

Al di là di questa differenziazione zoologica specifica però, va certamente notato come la Ghimel sia una lettera del movimento[1]. Proprio come il dromedario porta al deserto, così la Ghimel rimanda alle vicende dell’Esodo ed alla grande tragedia del popolo ebraico. Rabbi Aqivà[2] ritenne che questa lettera fosse intimamente connessa all’idea teologica di una creazione continua da parte di Dio. Dio infatti “gamal”, ha retribuito, il mondo e l’uomo con le proprie decisioni, continuando giorno dopo giorno questo atto di creazione continua. 

La Ghimel pare essere anche all’origine dell’espressione gemilut chassadim tradotto con “opere di misericordia”, ma che in realtà significa “opere di bene verso il prossimo”[3] e che secondo molti rabbini e maestri è l’espressione fondante di tutto il mondo. L’esistenza si regge infatti su questo rapporto positivo e generoso tra gli uomini: un rapporto che inevitabilmente ci ricorda del ruolo che Dio ha per l’umanità, essendo σωτήρ (sotér), come direbbero i greci, ovvero intervenendo positivamente con le proprie decisioni e la propria volontà nelle vite individuali e sociali di ciascun uomo. 

Da un punto di vista quasi cabalistico, invece, non si può non notare che la Ghimel corrisponda al numero 3, ricco nella tradizione cristiano-occidentale, di valenza simbolica. Il numero tre è, dai tempi della setta pitagorica, sinonimo di perfezione ed equilibrio, essendo la rappresentazione numerica dei principali elementi di un triangolo equilatero, i cui angoli si equivalgono quantitativamente. La fortuna di questo numero non si è però esaurita con la cultura greca, ma ha trovato un terreno fertile anche nel Cristianesimo, grazie alla teoria teologica del Dio uno e trino, totalmente assente in altre religioni. Nell’ebraismo, invece, le cose stanno diversamente. Il numero tre (3) non ha, infatti, nessuna pretesa trinitaria. Ricordiamo infatti che per la cultura ebraica Dio è uno e solo a Lui vanno rimessi tutti i poteri e tutte le potestà sulla Creazione, tanto che nemmeno la figura di un avversario, un Ha-Satàn come direbbero gli ebrei, è necessaria e sentita. 

Dio non ha divisioni né avversari.

Il fatto allora che la Ghimel sia in qualche modo associata al numero 3 è, secondo alcuni maestri, simbolicamente importantissimo: se infatti la Aleph, attraverso quel suo rumoroso silenzio, era la lettera dell’unità di Dio e se la Beth era la lettera della Genesi della Creazione che rappresentava dunque la dualità tra materia e spirito, la Ghimel, con il suo valore ghematrico, risolve questa contrapposizione “riportando pace” in ciò che era stato separato con la Beth

Questo dromedario, dunque, non ci conduce solo verso l’Esodo nel deserto, ma anche versa la risoluzione di tutti i conflitti e le dualità, riconducendoci all’Uno, all’Assoluto, a Dio. 


[1] Paolo de Benedetti, Lalfabeto Ebraico, a cura di G. Caramore, Morcelliana, Lavis 2011, p.40

[2] 50 d.C. ca – 135 d.C. ca

[3] Paolo de Benedetti, L’alfabeto Ebraico, a cura di G. Caramore, Morcelliana, Lavis 2011, p.40

di Stefano Sannino

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