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venerdì, 19 Aprile, 2024

ISTRUZIONE. ALTRO CHE BANCHI CON LE ROTELLE, SIAMO DA STAR DIETRO LA LAVAGNA

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di Mario Alberto Marchi

Dunque, la ministra dell’istruzione Azzolina avrebbe ricevuto quasi tre milioni di richieste di banchi monouso, che moltiplicati per i 300 euro di costo cadauno, per il modello che sarebbe stato indicato come ideale, farebbe 900 milioni di euro.

A parte la polemica sull’utilità di quei banchi, a guardare la cosa dal lato economico, non si tratterebbe di una spesa enorme se rapportata a tutto il sistema della spesa pubblica; in Italia, anche pochi spiccioli investiti nell’istruzione sono qualcosa di quasi straordinario. Sì, perchè in scuola e formazione investiamo veramente pochi soldi, quindi è almeno il caso di spendere bene.

L’ultimo dato Eurostat sulla spesa per l’istruzione è del 2017 e dice che l’Italia ha investito nell’istruzione pubblica il 7,9% della sua spesa pubblica totale: ultimo degli Stati Ue. Germania e Francia avevano speso rispettivamente del 9,3% e 9,6. In rapporto al Pil, le cose non vanno molto meglio: peggio di noi solo Romania, Irlanda, Bulgaria e Slovacchia. Più recente la statistica del Paesi Ocse, aggiornata al settembre 2019: anche qui l’Italia risulta ultima per spesa in istruzione, in rapporto alla spesa pubblica totale.

Dando uno sguardo altre l’Europa, il paragone è impietoso, se fatto con gli Stati Uniti (11,4 per cento), il Giappone (7,8 per cento), l’Australia (12,5 per cento) e il Brasile (14 per cento).

Ma passiamo alla spesa in termini assoluti.  Nel delicatissimo settore della scuola primaria, risulta che l’italia investe sempre meno: nel 2017, 25,1 miliardi di euro, contro i quasi 30 miliardi rilevato nel precedente studio che risaliva al 2009. Per l’istruzione superiore, il calo di spesa è stato di due miliardi.

Più avanti si va e peggio stanno le cose. Passando al settore universitario, la situazione è drammatica; risultiamo all’ultimo posto in Europa, con un investimento di appena lo 0,3% del Pil, ovvero meno della metà della media comunitaria.

Insomma, risulta chiara una cosa: uno dei settori sui quali si ha la cattiva abitudine di tagliare, quando si presenta un qualsiasi momento di difficoltà economica, è quello dell’istruzione pubblica. Del resto, se ne era accorto anche l’ex ministro 5 Stelle Fioramonti, che proprio denunciando una condizione impossibile da affrontare, aveva rassegnato le dimissioni. Difficile rilanciare la formazione con sempre meno soldi e condizioni strutturali indecenti, come le otto scuole su dieci fuori norma sotto il profilo della sicurezza.

Poi vi fu la Ministra Azzolina e il Covid; ora i banchi con le rotelle.

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