8.3 C
Milano
martedì, 23 Aprile, 2024

Il Rendiconto di Alan Patarga – L’ORCHESTRA DELLA BCE SUONA IL VALZER DEI TASSI MENTRE IL TITANIC DELLE BANCHE AFFONDA

- Advertisement -spot_imgspot_img
Annunci sponsorizzatispot_imgspot_img

Difficile trovare un’altra immagine per la decisione della Banca centrale europea, guidata da Christine Lagarde, di alzare ancora di mezzo punto percentuale il costo del denaro. Nonostante la crisi delle banche in America e la tempesta che si è abbattuta sul Credit Suisse, eventi che consiglierebbero prudenza, la Bce non mostra di curarsi della realtà che la circonda:esattamente come l’orchestra che continua a suonare mentre il Titanic affonda.

LAGARDE TIRA DRITTO

L’avvocata francese ed ex numero uno del Fondo monetario internazionale ha scelto infatti di tirare dritto: rialzo doveva essere e rialzo è stato. L’obiettivo, spiegano dall’Eurotower, è riportare l’inflazione il più rapidamente possibile intorno al livello di sicurezza del 2% annuo, costi quel che costi. Una rivendicazione di ideologismo senza precedenti, che pare contraddire l’adagio secondo il quale la Banca centrale opererebbe le proprie scelte di politica monetaria sulla base dei dati e delle circostanze economiche. L’impressione è che accada proprio il contrario. Le cronache finanziarie raccontano non a caso di un consiglio spaccato sul da farsi: con “3-4 membri che erano contrari”, ha ammesso la stessa Lagarde in conferenza stampa, se non al rialzo dei tassi in sé, quantomeno alla tempistica. Sembrava, infatti, che le cosiddette “colombe” tra cui il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, potessero avere la meglio sui “falchi” e spuntare se non uno stop almeno un alleggerimento della stretta, con un rialzo di 25 punti base. Macché: è prevalsa la linea dura, più 50 punti, ovvero un costo del denaro al 3,5% dopo anni e anni di tassi a zero.

Gli effetti sul tessuto economico si cominciano a vedere. I costi di finanziamento sempre più elevati rischiano di mettere in difficoltà famiglie e imprese, rallentando un ciclo economico che in Europa – a differenza che negli Stati Uniti – non è mai stato particolarmente brillante, fatta eccezione per il rimbalzo post Covid del 2021. Sul piano politico, il vicepremier italiano, Matteo Salvini, si è fatto megafono di un malessere ampio: “Le scelte della Bce sono fallimentari in Italia e in Europa e le stanno pagando le famiglie e le imprese, non lo dice Salvini ma lo dicono i fatti”, ha dichiarato. Aggiungendo: “Speriamo che la signora Lagarde interrompa il suo furore aumentistico, altrimenti per una impresa o una famiglia chiedere un mutuo diventerà impossibile”. Quella del leader leghista non è certamente l’unica critica palese all’operato dell’istituto di Francoforte e sicuramente nemmeno la più rilevante. Chi governa, giocoforza, spera sempre nel Bengodi (tassi bassi, credito a tutti, inflazione contenuta) per potersene almeno in parte ascrivere il merito. Altri, meno interessati, stanno parlando in queste ore. Il premio Nobel Joseph Stiglitz, per esempio, ha definito la strada intrapresa dai banchieri centrali come “la via diretta verso la recessione”. Accusa che vale tanto per la Bce, che ha appena fatto le sue scelte, quanto per la Federal Reserve statunitense, che invece le annuncerà la prossima settimana. In America la situazione è particolarmente delicata: i casi della Silicon Valley Bank (specializzata in start-up), della Signature Bank (dedita alle criptovalute) e di altri istituti regionali lasciano intendere il pericolo di una crisi di liquidità riconducibile proprio all’inversione a U in politica monetaria. Sia chiaro: una crisi dovuta anche a una eccessiva facilità con la quale negli ultimi anni le banche avevano fatto credito a imprese dalla dubbia redditività, scommettendo su settori di cui ancora poco o nulla si conosce e che basano il loro business su asset immateriali.

E NOI PAGHIAMO

Lo scenario è dunque complesso: i colpevoli presumibilmente molti e non tutti noti, le vittime invece chiare e definite. Nella prima categoria, difficile non inserire le banche centrali, che hanno drogato il mercato per anni e che ora pretendono di redimerlo in poche settimane con l’evidente rischio di far venire giù tutto. Quanto alle vittime designate, la certezza è che famiglie e imprese – prima sedotte e poi abbandonate – si trovano ora a dover fare fronte a oneri finanziari molto superiori a quelli attesi al momento della sottoscrizione di mutui e prestiti. Secondo il Codacons, l’ultimo aumento dei tassi deciso dalla Bce costerà in media 35 euro al mese in più a chi sta pagando il mutuo sulla casa. Va comunque detto che negli anni sono moltissimi quelli che hanno approfittato del denaro gratis per rinegoziare i vecchi impegni, con surroghe che prevedevano il passaggio dal tasso variabile al fisso. Al netto di qualche scommettitore e pigro, l’impatto – comunque doloroso – potrebbe dunque essere limitato, per quanto riguarda il comparto del credito immobiliare. Differente è il caso delle imprese, che operano su tempistiche più brevi e di fatto sempre con tassi variabili: per loro, che già hanno visto ridursi i margini a causa dei rincari di energia e materie prime, il rischio di ritrovarsi con la coperta troppo corta è dannatamente reale.

di Alan Patarga

- Advertisement -spot_imgspot_img

Ultime notizie

- Advertisement -spot_img

Notizie correlate

- Advertisement -spot_img