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venerdì, 19 Aprile, 2024

Il Rendiconto di Alan Patarga – GIORGETTI AL TESORO TROVERA’ UN TESORETTO. INDIZI SU COME LO SPENDERA’

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di Alan Patarga

Lo hanno soprannominato “Richelieu padano” o “eminenza grigia leghista”, per dire che è un abile tessitore e per alludere anche al suo cattolicesimo realmente praticato, e forse per questo non ostentato. Di sicuro di Giancarlo Giorgetti, numero due del Carroccio e quasi certamente prossimo ministro dell’Economia del governo Meloni, si può dire che è l’anello di congiunzione tra due acerrimi rivali, che pure lo stimano entrambi: Mario Draghi e Giulio Tremonti. Ascoltato ministro del primo, amico del secondo che per qualche settimana ha forse accarezzato l’idea di tornare in Via XX Settembre, ma che probabilmente siederà sullo scranno di presidente della Commissione Bilancio di Montecitorio. Con ministri tecnici sarebbe stato durissimo, difficilmente lo sarà con lui. Fortuna rara, e non si tratta dell’unica.

QUARANTA MILIARDI EXTRA

Sulla scrivania che fu di Quintino Sella, Giorgetti troverà infatti i dati appena pubblicati dalla Banca d’Italia. Che oltre a segnalare una lieve discesa del debito pubblico ad agosto (ma siamo pur sempre a quota 2.757,8 miliardi di euro), evidenziano un flusso di cassa particolarmente ricco: nei primi otto mesi dell’anno le entrate tributarie hanno registrato un incremento del 14,7% rispetto al medesimo periodo del 2022, per un totale di 330,5 miliardi di cui 42,3 miliardi più dello scorso anno. Un vero tesoretto che consentirà in parte al prossimo esecutivo di avere margini contabili per la manovra.

Difficilmente la prima legge di bilancio potrà essere una legge-manifesto della politica economica prossima ventura: i tempi saranno talmente stretti che di fatto Giorgetti dovrà scriverla a quattro mani con il collega e a questo punto predecessore Daniele Franco. Ci saranno, realisticamente, proroghe di misure già in essere come i tagli alle accise sui carburanti (pari a 30,5 centesimi al litro) o i crediti d’imposta per le imprese energivore. Ma qualche intervento ineludibile è lecito attenderselo, se non altro perché il 1° gennaio prossimo – qualora il governo Meloni non agisse – tornerebbe in piena vigenza la Legge Fornero sulle pensioni, e scadrebbero contemporaneamente i vari incentivi al pensionamento anticipato messi in campo negli ultimi anni, come Opzione Donna o l’Ape social.

“DARE SOLLIEVO”

Sulle cose da fare, il prossimo titolare del Tesoro sembrerebbe avere le idee chiare. Almeno a giudicare dalle dichiarazioni rilasciate nelle ultime settimane. A fine agosto, intervistato dal Corriere della Sera, spiegava che “non si tratta di fare spesa allegra, ma di pagare danni di guerra indiretti al sistema produttivo, dopo la decisione di aprire un conflitto commerciale con la Russia. Il problema nasce prima della guerra [in Ucraina], ma la guerra l’ha esasperato. (…) Di fronte alla risposta russa alle nostre sanzioni, continuiamo a usare meccanismi strettamente di mercato. Non capiamo che quei meccanismi sono utili in tempo di pace, ma falliscono in tempi di guerra”. Quindi la citazione: “Lenin diceva: i capitalisti ci venderanno la corda a cui li impiccheremo. Oggi il prezzo del gas è legato al Ttf di Amsterdam, un piccolo mercato speculativo che Vladimir Putin si diverte a far impazzire. Questo è un finto sistema di mercato, così come lo è l’ostinazione dell’Europa nel tenere il prezzo dell’elettricità agganciato a quello del gas benché tanta energia elettrica sia prodotta da altre fonti molto meno costose. (…) Perciò l’Italia chiede un tetto europeo al prezzo del gas e di sganciare quest’ultimo dalle tariffe elettriche”.

Nel frattempo, l’Europa non ha fatto grandi passi avanti, sebbene il fronte dei contrari al tetto si sia ristretto, tanto che perfino Germania e Paesi Bassi – i più contrari alla misura – cominciano a tentennare. E se Giorgetti proseguirà quindi con la linea Draghi a Bruxelles, a Roma guarderà soprattutto alle risposte da dare a famiglie e imprese già in difficoltà a causa delle bollette, nonostante l’inverno debba ancora cominciare. Già a giugno, intervenendo al Festival dell’Economia di Trento, il prossimo titolare del MEF guardava ai provvedimenti per “dare sollievo” alla popolazione, restituendo potere d’acquisto a chi è più colpito dall’inflazione al galoppo. Per farlo, sosteneva, bisognerebbe una buona volta tagliare le tasse (il cuneo fiscale, in particolare, cioè in soldoni la differenza tra lordo e netto in busta paga) e reperire risorse adeguate, razionalizzando i bonus introdotti via via che le emergenze – dalla pandemia a oggi – incalzavano. Prima vittima, il Reddito di cittadinanza, “diventato ormai nella consapevolezza di tutti un disincentivo al lavoro”.

Meno sussidi uguale meno tasse. Ovvero più sviluppo e occupazione. Giorgetti, bocconiano laureato in Economia aziendale che già ha presieduto la Commissione Bilancio della Camera e che tuttora guida il Mise, ne sa qualcosa: quando, poco più di un anno fa, assunse la guida del ministero dello Sviluppo, i tavoli di crisi ereditati dal governo giallorosso ancora aperti erano circa 120. Oggi sono una settantina, nonostante una guerra e bollette da capogiro.

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