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giovedì, 25 Aprile, 2024

Il prof. Lodovico Berra ci spiega cos’è “l’afasia”, la malattia che ha colpito Bruce Willis

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Il dramma di Bruce Willis ha sconvolto il mondo del cinema e non solo, negli ultimi giorni.  Bruce Willis e l’afasia, la malattia silenziosa che ha costretto l’attore al ritiro dalle scene, sta facendo il giro del web. Considerando che, fino a qualche anno fa se ne sapeva pochissimo, tanto che si faticava persino a diagnosticarla, oggi invece viene riconosciuta con maggiore facilità.  Non capire ciò che viene detto oppure non riuscire ad articolare frasi di senso compiuto è un grande limite per tutti, ancora di più per chi con le parole ci lavora. Per questo Bruce Willis ad appena 67 anni ha dovuto annunciare il ritiro dalle scene: la diagnosi è sconvolgente è “l’afasia”. A parlarcene in questo caso è il prof. parlarcene il prof. Lodovico Berra, medico psichiatra diTorino, docente di Neuroscienze presso l’Università IUSTO, international Fellow dell’American Psychiatric Association. Così ci spiega il prof. Berra: “L’afasia è un disturbo del linguaggio caratterizzato da una alterazione della comprensione e dell’espressione delle parole, sia parlate che scritte. Deriva in genere da una lesione delle aree cerebrali che controllano il linguaggio, vale a dire l’area motoria di Broca, posta nel lobo frontale, e l’area di Wernicke posta nel lobo temporale. A seconda della localizzazione della lesione, l’afasia può essere di tipo motorio, vale a dire vi è una difficoltà nell’espressione del linguaggio; quindi, il soggetto non riesce a pronunciare in modo corretto le parole o usa parole errate. Oppure vi è una difficoltà nella comprensione del linguaggio, quindi il soggetto non capisce cosa gli viene detto o ciò che legge.

Le cause di questo disturbo possono essere varie e frequentemente dipendono da lesioni ischemiche, cioè un deficit di afflusso sanguigno, che provoca la morte del tessuto cerebrale. Oppure possono essere tumori o patologie degenerative del sistema nervoso, come la demenza di Alzheimer.
La diagnosi richiede l’uso di specifici test neuropsicologici ed esami neuroradiologici come la Tac o la Risonanza magnetica.
La prognosi, quindi l’evoluzione della malattia, dipende dalla causa, dalla estensione della lesione e dall’età del paziente. Una terapia effettuata precocemente e in modo idoneo in genere limita notevolmente il danno nella comunicazione orale o scritta.
La terapia comprende l’uso di farmaci neurotrofici o farmaci che migliorino la vascolarizzazione sanguigna.  Fondamentale è la riabilitazione, con esercizi mirati come quelli attuati in logopedia.
Infine, da non sottovalutare, le ripercussioni psicologiche che possono comportare uno stato depressivo nel paziente che spesso è ben consapevole del proprio deficit”.

Gabriella Chiarappa 
Giornalista

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