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sabato, 20 Aprile, 2024

IL PRETESTO DELLE VACANZE PER RACCONTARE COME L’ESTATE SIA LO SPECCHIO DEL DECADIMENTO DI UN PAESE. E I FOCOLAI LO CONFERMANO

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di Martina Grandori

 

L’estate? Spesso la miglior fotografia che si possa fare alla società. Da sempre, da quando il cinema italiano ha iniziato a raccontarla sul grande schermo e alcuni attori sono diventati quelle macchiette nazionali, stereotipo perfetto dell’italiano. E proprio ora nel pieno dell’estate 2021, quella che doveva essere un’estate quasi «Covid free», grazie alla portentosa campagna vaccinale, e che invece, a causa della variante Delta soprattutto, si ritrova con molti, pericolosi, focolai. Fra i festeggiamenti-ammutinamenti per la vittoria agli Europei, l’incontrollabile movida, le feste private da centinaia di persone e molto altro ancora, è lo specchio di una buona fetta d’Italia a cui la resilienza fa un baffo. Un’Italia mediocre e superficiale, molte colpe le hanno sulla coscienza i social, quegli scatti da vita perfetta di cui tanto, tantissimo si è parlato. Quest’anno però l’Italia mediocre e superficiale deve fare fare i conti con il carovita delle vacanze costiere, il Belpaese di certo non è economico come un viaggio esotico  all inclusive o la settimana in un club vacanza, il formato vacanza low cost – last minute da quando è scoppiata la pandemia è decisamente poco gettonata. 

Uno spaccato interessante e veritiero di questa Italia vacanziera, con i suoi vizi, i suoi riti, i suoi luoghi la racconta nel suo ultimo libro Giuseppe Culicchia A Venezia con un piccione in testa. Storia tragicomica degli italiani in ferie (Solferino). L’autore accompagna il lettore in un esilarante viaggio che poi è il rito italiano della vacanza: un grand tour da Venezia a Lanzarote, dalle Alpi al Kazakistan, passando per autogrill, presunti ristoranti stellati, boutique folkloristiche, toilette introvabili, sagre di paese e scene fantozziane. Una radiografia impietosa del Paese che se prima si vestiva bene anche in spiaggia o in città, ora gira in infradito, AirPods e mostra in tutti i modi tatuaggi. Uno spaccato cattivo ma veritiero che sottolinea quanto le vacanze del boom, la compostezza della villeggiatura, quella semplice ma incontestabile eleganza del dopoguerra siano un passato trapassato. Negli anni Ottanta i fratelli Vanzina avevano già capito l’antifona, colto quei vizi e modi di fare degli italiani in vacanza. Ma allora l’ossessione selfie-Instagram -like non la si immaginava lontanamente, ma forse, a quei tempi, per alcuni, i film dei fratelli Vanzina erano già il primo docu-film sul decadimento culturale. Ora la regia è anche nelle mani di scrittori come Giuseppe Culicchia che dipingono con coerenza inquietante l’estate italiana. Ma è tutto vero.

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