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giovedì, 28 Marzo, 2024

IGNORANZA E CULTURA: ARMI DA USARE CONTRO LE DONNE

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di Daniela Buonocore

Storie di vite parallele, luoghi, età e moventi diversi, per uno scenario dove sono sempre le donne a pagarne le conseguenze. Racconti di vita quotidiana basati sull’ignoranza e sulle culture che distruggono il mondo femminile in cerca di una vita libera e naturale. Da un lato la sconvolgente storia della diciassettenne marocchina, raccontata dalla comunità della bassa bresciana, dall’altra una violenza omofoba subita da una donna del quartiere Cristo di Alessandria, entrambe  colpevoli solo di volersi amare, hanno subito tutte e due, attacchi e violenze ingiustificate. La ragazza marocchina di 17 anni, soggetta ad abusi e maltrattamenti dalla sua stessa famiglia perché sceglie di vivere una vita all’occidentale, fidanzandosi con un ragazzo italiano, la donna di Cristo di Alessandria invece massacrata perché amata da una donna piuttosto che da un uomo. Nel primo caso, stando a quanto raccontato dalla ragazza agli inquirenti, l’inizio delle violenze fisiche e psicologiche risalirebbe già dall’estate del 2020, ovvero da quando i genitori della vittima scoprirono l’inizio della relazione della figlia con un ragazzo italiano poco più grande di lei. I coniugi marocchini, contrari a quel legame inaccettabile, attuarono un piano basato sulla violenza, per costringere la ragazza a sottostare alle loro regole comportandosi come le sue coetanee che seguono la cultura del loro paese. Costretta a vivere in clausura nella sua casa, controllata costantemente sotto minaccia anche dal fratello più grande, vive giorni di terrore nei quali la vittima subisce anche una sorta di vera e propria visita ginecologica da parte dei genitori stessi, preoccupati dall’eventuale ipotesi che la figlia, attraverso rapporti intimi, non sarebbe risultata più adatta ad un matrimonio islamico, per il quale vige la legge assoluta della castità. La madre quindi denuda completamente la figlia e le conficca due dite nelle parti intime per constatarne lei stessa la verginità. Il fidanzato della ragazza preoccupato perché quest’ultima non rispondeva più ai suoi messaggi, decide di presentarsi nella casa del terrore scoprendo così il reale motivo del silenzio. Alla vista del ragazzo il padre minaccia figlia è fidanzato e dopo aver percosso il giovane gli dice di andar via altrimenti avrebbe picchiato la figlia fino a quando non avrebbe fatto ciò che diceva lui. Il giovane intraprende una lite furiosa con il padre della fidanzata destando così sospetto nei vicini che allertano i carabinieri, i quali al loro arrivo prendono atto per la prima volta di ciò che da tempo si sta consumando nel loro quartiere in maniera silente. Per scongiurare il peggio, i genitori del ragazzo decidono di denunciare i coniugi della diciassettenne per maltrattamenti, così come fatto anche dalla stessa Claudia Cecconello, la 50enne vittima anch’essa dell’ignoranza. Presa a calci e pugni e poi fatta rotolare giù dalle scale dai suoi vicini, dopo quella che sembrava essere iniziata come una banale lite condominiale, solo perché accusata di essere lesbica.  La donna in questione, al suo rientro in casa, viene infatti aggredita fisicamente e verbalmente dai suoi vicini con parole offensive come: “brutta lesbica di merda” per poi essere presa a calci e pugni. Viene successivamente lanciata giù dalle scale, con l’intento di allontanarla completamente dallo stabile. La donna decisa a sporgere denuncia, si reca presso il commissariato chiedendo poi successivamente alla polizia di essere accompagnata a casa per recuperare alcuni suoi effetti personali e gli animali di sua appartenenza, non intende concludere la vicenda così e si rivolge pertanto ad un avvocato per chiedere almeno un risarcimento in attesa che la legge italiana disponga delle punizioni contro chi adopera atti di violenza con sfondi omofobi. Stessa identica cosa vale per la povera ragazza marocchina  che al momento si trova ospitata presso una comunità, in attesa del processo che avrà sede in autunno. I genitori, attualmente ascoltati, si dichiarano innocenti  spiegando che le loro azioni nei riguardi della figlia e del ragazzo non hanno nessuna base razziale. Ogni giorno le donne, in un numero quanto più o meno ampio, vivono in condizioni di violenza e sottomissione e non tutte purtroppo hanno il coraggio o la possibilità di poter denunciare tali mancanze di rispetto verso la propria persona. Lo Stato dovrebbe intervenire quanto prima possibile attuando una legge che permetta alle donne di sentirsi protette e sostenute fisicamente, psicologicamente ed economicamente.

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