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venerdì, 29 Marzo, 2024

Due riflessioni sulla strage di Parigi

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I fatti di Parigi hanno riportato l’Europa al dolore a alla paura provato all’inizio dell’anno, quando alcuni terroristi uccisero i giornalisti della testata satirica “Charlie Hebdo”. Allora tutti si unirono nel postare immagini con lo slogan “Je suis Charlie”, così come oggi sono tantissimi coloro che hanno colorato la foto del loro profilo facebook dei colori della bandiera francese. Tutti gesti carini che, però, lasciano il tempo che trovano e che si spegneranno in breve tempo, come il ricordo delle vittime della strage. La vita continua, dopotutto.

Forse però sarebbe meglio farla continuare diversamente e impegnarci in una riflessione seria sui fatti e sulle cause che li hanno provocati. Prendere posizioni qualunquiste e nette, facendo leva sull’emotività e sulle paure delle persone per guadagnare facili consensi o vendere qualche copia in più del proprio inutile giornale è un atto che non solo non porta a nulla, ma rende anzi difficile inquadrare il vero problema e giungere a una soluzione. Chi pubblica in prima pagina titoli come “Bastardi islamici”, titoli che si commentano da soli per la volgarità, altro non è che l’”utile idiota” di quei terroristi che puntano a diffondere la paura, la violenza e l’odio. Se l’Europa comincerà a diventare diffidente nei confronti di chiunque abbia una cultura diversa, una pelle più scura o una fede differente, i terroristi avranno vinto. E chi chiede misure repressive nei confronti degli islamici non fa che aiutarli. In queste ore il web si è popolato di commenti di persone che chiedono di mettere un cip sottopelle agli islamici per controllarli o che vorrebbero l’espulsione immediata di tutti coloro che credono nell’Islam. Commenti mancanti di ogni logica e di ogni realismo. È ovvio per chiunque abbia un cervello funzionante che non tutti gli islamici sono terroristi o violenti. L’Islam è una religione diffusissima e che ha al suo interno diverse scuole di pensiero e diverse tendenze, più o meno liberali o repressive. Se infatti è a tutti noto il maschilismo e il bigottismo di certi gruppi che pretendono di coprire le donne con il burqa o l’hijab, è nota anche l’emancipazione delle donne di alcune etnie di fede islamica come le senegalesi (che praticano un Islam molto più moderato) o le Uraghe dell’Etiopia. Quel che dobbiamo temere è dunque il fanatismo, non la religione islamica in sé. Del resto anche le Sacre Scritture cristiane riportano esortazioni spesso molto violente, ma se qualcuno da noi invocasse la lapidazione, per esempio, per chi si rade le tempie o volesse vendere la figlia come schiava perché lo dice la Bibbia, penseremmo che folle un folle.

Gli attentatori di Charlie Hebdo non erano immigrati provenienti da paesi integralisti. Erano ragazzi nati in Francia, nei sobborghi degradati della capitale, che avevano avuto una giovinezza a base di rap, piccoli reati e uso di droga. L’Islam lo avevano conosciuto in carcere, dove si erano convertiti divenendo fanatici. La fede era divenuta per loro un modo di incanalare il loro disagio e la loro rabbia, attribuendo la colpa di tutto a un nemico irreale, ma per loro esistente e identificabile con l’Occidente e la sua cultura laica. E lo stesso vale per i membri dell’ISIS, che è solo l’ultima maschera che un certo odio dovuto a miseria, ignoranza, rabbia ha assunto per dare sfogo a quella violenza repressa della quale l’Occidente ha parte delle responsabilità. La religione è solo la scusa che costoro, più o meno consciamente, cavalcano.

Attaccare l’Islam e gli islamici nella loro totalità come se non ci fossero differenze interne, come se non si trattasse di persone, ognuna con il proprio passato, la propria storia, il proprio pensiero, ma di automi tutti identici e privi di una volontà propria è semplicemente stupido. Non solo. Farlo significa creare un distacco dalla realtà che non può portare che nuovi disordini e disagi nella nostra società. È necessario isolare i fanatici e gli integralisti e dialogare con l’anima moderata dell’Islam (che esiste, a differenza di quel che vogliono far credere certi razzistoidi). Per farlo, però, dobbiamo smetterla di comportarci come bambini sciocchi e usare la ragione per comprendere il problema e arginarlo. Ben poche sono però le voci che per ora si sono alzate a dire qualcosa in tal senso. Al momento si sentono le solite sparate di chi invoca una “tolleranza zero” all’insegna dell’”armiamoci e partite” standosene comodo e al calduccio, mentre a sinistra si attacca più “Libero” per il suo titolo che gli attentatori, o ci si dilunga a far notare come le vittime parigine abbiano maggior risonanza di quelle siriane o palestinesi. Qualunquismo di destra e qualunquismo di sinistra, insomma.

A sinistra però intravedo una certa paura ad affrontare la realtà. È quasi come si volesse ignorare la violenza di una certa visione religiosa perché ciò porterebbe a dover ammettere che qualche volta anche la destra può aver ragione, o, forse, perché temono di non poter più sostenere le loro idee di tolleranza e inclusione di chi è portatore di idee e culture differenti. Questo però può portare a lasciar crescere gruppi fanatici e comportamenti che non possono essere accettati in una società civile. A Milano si vedono spesso donne con il volto coperto nonostante la legge italiana, per ragioni di sicurezza, lo vieti. E allo stesso modo spesso le violenze subite in famiglia da donne e ragazzine passano inosservate o vengono in qualche modo sminuite attraverso la scusa del “dato culturale” o, per dirla più semplicemente, in nome del “loro fanno così”. A parte il fatto che non è così vero che le culture di matrice islamica giustificano la violenza (tranne forse per i fanatici integralisti), non possiamo accettare che in Europa, e in Italia soprattutto, si tollerino certi fatti. Essere accoglienti è giusto e una democrazia non può esimersi dal farlo, ma restando salda nel garantire a tutti gli individui i diritti umani. E se qualcuno, per cultura o per fede, pensa di poter opprimere e usare violenza, o, semplicemente, imporre la sua propria visione a tutti, allora deve essere rimesso al suo posto ed eventualmente espulso.

L’Europa ha lottato per avere diritti, libertà e democrazia. Non possiamo abbandonare questi valori fondamentali per essere “politicamente corretti” con degli integralisti religiosi. Abbiamo già sconfitto i nostri integralisti, quelli che bruciavano le streghe e gli eretici, e non abbiamo certo bisogno di importarne di nuovi ed esotici.

È ora di guardare in faccia la realtà e porre fine alla strafottenza dei fanatici (islamici e non) e ricominciare a difendere la libertà. Perché chi ha sparato a Parigi, chi uccide nel nome di Allah o di qualsiasi altro dio o ideologia combatte contro la libertà e contro la laicità, contro il diritto delle persone ad autodeterminarsi, a scegliere per sé in cosa credere o non credere e come comportarsi. Combattono, insomma, contro ciò che caratterizza la nostra società. Solo ribadendo la libertà e restando fermi nel condannare e fermare chi la combatte possiamo riportare pace in Europa ponendo fine al terrore. Ma non basta farlo a casa nostra. Dobbiamo imparare a farlo ovunque, per evitare di creare quelle situazioni di miseria materiale e intellettuale che dà origine al fanatismo. Ci riusciremo o continueremo a indignarci e a mettere bandiere sui social per tornare in breve tempo a non far nulla? Riusciremo questa volta a imparare la lezione o continueremo a inneggiare alla tolleranza zero e altre simili fanfaluche?

Enrico Proserpio

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