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giovedì, 25 Aprile, 2024

DRAGHI COME UN LOCKDOWN POLITICO: per i partiti è il tappeto che nasconde la polvere

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di Gabriele Rizza

Mario Draghi è la polvere sotto al tappeto, non il senso di unità ritrovato dai partiti politici per far fronte ad un periodo nero e burrascoso sagnato da una profonda crisi sanitaria, economica, sociale e, aggiungiamo, culturale. Draghi è perfetto per far prendere tempo ai capi e capetti del Parlamento, ai trombati nei sondaggi come Matteo Renzi, al Partito Democratico per stare in sella al governo perché al voto subisce sonore sconfitte ormai da cinque anni, sopravvivenza in Emilia Romagna e Toscana a parte. È però perfetto anche per il centrodestra, che per quanto unito vincerebbe a mani bassi le elezioni politiche, è in fondo diviso, senza leadership concordata e acclamata, e soprattutto non avrebbe la forza mediatica per governare in questo stato d’emergenza (pensate se il green pass fosse stata una misura adottata dal centrodestra, si sarebbe gridato di un ritorno del fascismo, peggio del fascismo).
Draghi è quindi una situazione di comodo in politica interna, comodissima in Europa e nel rapporto con gli Stati Uniti. Fino al 2023 ai partiti andrà bene così: un lockdown politico, non una stagione di ricostruzione. In molti vedono un paragone tra l’Italia attuale e quella post seconda guerra mondiale, un modo per infondere fiducia al Paese. La realtà dice che non c’è nulla di più falso: se dopo il 1945 l’Italia si trovava in condizioni economiche e di conflitto sociale molto peggiori di oggi, almeno conservava un senso di unità istituzionale e di principio. Anche gli stessi comunisti avevano rinunciato alla rivoluzione e collaborato intensamente con la DC e le altre forze politiche alla scrittura della nostra Costituzione. Nel 2021 assistiamo invece ad una situazione potenzialmente esplosiva: il conflitto sociale è calmierato dalla priorità data dagli italiani alla salute, l’economia si riprenderà non prima di due – tre anni (ad esser ottimisti) e il Recovery Plan è un all- in economico e politico italiano ed europeo. Politicamente, invece, al posto dell’assemblea costituente abbiamo Mario Draghi – e per carità, poteva andare peggio! – che però è polvere nascosta, non ricostruzione. Nel mentre, i partiti si dilaniano sulla riforma della giustizia, proprio laddove uno spirito di rinascita comune sarebbe un segnale importante. Si insultano discutendo di temi etici, come nel caso del ddl Zan, e molti pensano che la più grande forma di civiltà sia andare “a purgare i non vaccinati con il green pass”, creando cittadini di sere A e di serie B. Per non parlare dei fondi del Recovery Plan, il governo Conte è caduto proprio per una questione di “soldi”, lui ne voleva gestire troppi, qualcuno molti di più. I partiti non capiscono che la lunghissima quarantena del conflitto sociale è solo momentanea, e solo un nuovo spirito costituente ne reggerà il peso e segnerà la rinascita italiana quando la paura per la salute non fungerà più da calmierante.
Piuttosto, siamo come nel 1918: economia in ginocchio, conflitti sociali e crisi politica. Come andò a finire è storia nota. Non è allarmismo, ma di certo il clima di caccia alle streghe sui vaccini non è il migliore dei presagi. Tuttavia, se i partiti delegano a Draghi non smettono di guardare i sondaggi. Ed ecco il danno.

 

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