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venerdì, 19 Aprile, 2024

#conosciiltuosguardo. “Essere-Io significa non potersi sottrarre alla responsabilità”

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[…segue]

Incontrare l’altro, guardare con gli occhi dell’anima il suo volto, lasciarmi interrogare, è un “esodo”. 

Il termine “esodo”, dal greco éx (fuori, uscita, uscire, spedizione) e hodòs (via, strada), titolo di un Libro dell’Antico Testamento, appunto il Libro dell’Esodo, narra le vicende degli Ebrei, quelle dell’itinerario da un luogo di schiavitù (l’Egitto) ad un luogo di libertà (la Terra Promessa). 

L’altro è il “mio esodo”, occasione benedetta e provvidenziale per la mia “partenza”, per la mia uscita dalla prigione dell’individualismo alla libertà dell’incontro e dell’accoglienza, anche quando non è facile, anche quando è dolorosa. E, anche quando l’incontro con l’altro è doloroso, è sempre un dolore benedetto: può dire-bene del mio amore, della mia capacità di amarlo. 

L’altro è un po’ “destinazione-scelta” e un po’ “deportazione-subita”. In qualche modo è anche sempre “rischio”, ma è proprio e soltanto in questo “spazio-rischioso” che le nostre verità possono incontrarsi e accogliersi. Se non c’è rischio non può esserci amore. Se tutto è calcolato, calcolabile, c’è solo razionalità e non amore. 

Scrive Levinas: «Essere Io significa, dunque, non potersi sottrarre alla responsabilità. In questo senso il soggetto è insostituibile o, ancor meglio, eletto. “Ogni io è eletto: nessun altro può fare ciò che egli deve fare”. La responsabilità è un’individuazione, un principio di individuazione […] Io sostengo l’individuazione per mezzo della responsabilità per altri. L’uomo è tanto più uomo ed è tanto più sé stesso, quanto più responsabile. L’io si identifica con sé stesso nell’offrirsi senza riserve all’altro». 

La responsabilità, nella sua essenza più profonda, non è un carico per schiacciarci, non è una zavorra, ma una “elezione”. Non abbiamo scelto di nascere in una condizione in cui è eticamente necessario essere responsabili, e questo malgrado il fatto che per realizzare la responsabilità bisogna volerlo, sceglierlo. Siamo stati “eletti” (senza averlo chiesto né voluto) alla responsabilità. Chi lo ha fatto? Chi lo ha voluto per noi? Lo ha voluto il Creatore, lo ha fatto senza chiederci il permesso ma ci ha lasciati liberi di rispondere a questa elezione, positivamente o negativamente. Tale questione ci apre ad un argomento che affronteremo forse nel prossimo articolo o subito dopo: la relazione con l’altro non può aver altro principio se non la relazione con l’Assoluto, origine e fondamento di ogni relazione. È il prossimo il luogo concreto dove posso incontrare l’Assoluto. 

Scrive Levinas: «Il volto si impone a me e mi richiama alla responsabilità della sua miseria. Il volto sconcerta l’intenzionalità, mette in questione la coscienza, si sottrae ad ogni forma di possesso, sfugge al mio potere. Nella sua epifania, nell’espressione, il sensibile, che è ancora afferrabile, si muta in resistenza totale alla presa. Questa resistenza del volto è “resistenza etica”, è la resistenza di ciò che non ha resistenza». 

[…continua…]

di Angelo Portale

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