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venerdì, 19 Aprile, 2024

TERRORISMO ISLAMICO: Hamas, Fratelli Musulmani e finanziatori

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Mentre ieri sera l’aeronautica militare israeliana ha assestato un altro duro colpo ad Hamas distruggendo altre rampe missilistiche e mandando due terroristi a conoscere personalmente 72 vergini, oggi in Egitto il gruppo terroristico operante nella Striscia di Gaza è stato considerato illegale ed ogni sua attività in Egitto è stata vietata. I rapporti tra l’Egitto ed Hamas, in un primo momento idilliaci, quando il governo del Cairo era in mano ai Fratelli Musulmani, si sono interrotti con la nuova rivoluzione popolare egiziana che ha tolto il potere al partito dei fratelli musulmani, considerato un gruppo terroristico, e l’arresto del loro leader Morsi.

Ora l’Egitto lamenta di essere un paese insicuro, poiché è circondato da paesi in cui i Fratelli Musulmani sono al potere o hanno alleati e temono incursioni dalla Libia, da Gaza e soprattutto dal Sudan, paese quest’ultimo, che ha garantito asilo ad ogni sorta di terrorista islamico sia d’ispirazione sciita che sunnita ed è proprio in Sudan che molti militanti dei Fratelli Musulmani hanno trovato riparo fuggendo dall’Egitto, tornato alla laicità, ed è proprio in Sudan che hanno ricostruito delle basi operative con il benestare del governo di Khartum.

Non è un caso, infatti, che il principale finanziatore arabo dei Fratelli Musulmani, l’Emiro del Qatar, non più tardi di tre settimane fa, ha fatto visita ufficiale in Sudan promettendo nuovi aiuti di carattere finanziario sia in liquidità che in investimenti dell’Emiro in territorio sudanese. Nell’ultimo quadriennio, il Qatar, ha dato al Sudan una somma pari a 2 miliardi di dollari, il valore dei suoi investimenti è arrivato a quota 4 miliardi di dollari.

Stando alle dichiarazioni del generale egiziano Hosan Sowelem, ex direttore del Centro Studi Strategici dell’Egitto, tutti i gruppi terroristici operanti nell’area medio orientale e  nel Sinai sono appoggiate direttamente da Hamas ed da Al-Qaeda, e sono finanziate dal Qatar. Sempre dalla dichiarazioni di Sowelem, in Sudan opera direttamente anche l’Iran. E il pensiero non può che volare a Yarmuk, cittadina che sorge a 11chilometri a sud da Khartum, dove è operativa una fabbrica di missili di proprietà iraniana. In questo complesso, danneggiato da alcune esplosioni nell’ottobre del 2012 ma tornato in attività, vengono sviluppati missili che vengono poi inviati in Sinai attraverso il deserto.

La preoccupazione del Cairo quindi, acutizzata anche dall’attentato a Taba il 16 febbraio u.s., è che il gruppo che ha rivendicato quella strage di turisti, Ansar Beit al-Maqdis, anch’esso finanziato dal Qatar e appoggiato logisticamente da Hamas ed Al-Qaeda e dai Fratelli Musulmani, voglia intensificare attacchi terroristici sia nel nord che nel sud della penisola del Sinai.

Intanto i servizi egiziani tengono costantemente sotto controllo l’evolversi della situazione in Sudan, soprattutto da quando la massima guida religiosa sudanese, Hassan El Turabi, ha preso contatti con ambienti estremisti islamici in Algeria, ed in Eritrea, dove ha presentato alla comunità religiosa islamica del Paese una sorta di “trattato d’amicizia” di ispirazione iraniana. Che sia una mossa islamica per la conquista del Corno d’Africa, nessun servizio di sicurezza lo esclude.

Comunque, oltre al Qatar, i finanziamenti ai gruppi del terrore operanti in Medio Oriente, provengono anche dall’Europa, da tante O.N.L.U.S. presenti anche in territorio italiano. Una di queste, segnalata anche alle autorità italiane da alcuni uomini del Congresso U.S.A. ha una filiale a Milano, a pochi passi dal centro e dalla stazione centrale: al numero 65 di via Venini.

Un ufficio ricavato in un negozio, su strada, visibile a tutti. Qualche anno fa entrai in quell’ufficio, mi presentai, dissi loro di essere un simpatizzate della causa palestinese e che alcuni miei amici avevano anche raccolto un po’ di fondi che avevano girato in sostegno alla causa nord-irlandese. Mi risposero che quello era l’ufficio di un’associazione che faceva beneficenza, raccoglievano soldi per comprare quaderni, zaini e matite ai bambini di Gaza ma sulle pareti non c’era nessuna foto di bambini bensì immagini di ragazzi col volto coperto da una kefiah intenti a lanciare sassi o molotov contri militari israeliani.

Strana questa concezione di scuola non trovate? Comunque, disse la persona che mi accolse, potevo prendere contatti coll’ ufficio di Genova, loro, senza alcun dubbio, avrebbero aiutato me ed i miei amici, ad indirizzare al meglio le donazioni in denaro. Poco tempo dopo mi lessi il rapporto dei Congressmen americani e, tra quelle onlus e quei numeri di conti correnti riportati dalla relazione del Congresso statunitense, riconobbi quella di via Venini ed il numero del conto era quello che l’ufficio di Genova mi diede per far confluire il denaro delle donazioni.

Gian Giacomo William Faillace

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