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sabato, 20 Aprile, 2024

Ristorante delle mie brame

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di Martina Grandori

Ci siamo, questo potrebbe essere, anzi meglio, dovrebbe essere, l’ultimo weekend di lockdown, di quella clausura forzata che tutti hanno sofferto. Da lunedì prossimo, come abbiamo sentito fino alla noia, si riprenderà a vivere una nuova normalità.
 
In questi due mesi, nel proprio cuore ognuno ha fatto la lista dei desideri.
Sono tanti, di natura curiosa e creativa in alcuni casi, ma fra i tanti sogni sicuramente uno dei più diffusi, dei più sospirati, comune denominatore italiano da nord a sud, dai 15 ai 100 anni, è sicuramente tornare ad uscire a cena tanto quanto tornare a bere un caffè fatto con tutti i crismi dal proprio barista del cuore.
 
Purtroppo i tempi sono ancora lunghi e incerti, e va ricordato sempre quanto questo stop alla convivialità faccia malissimo anche all’economia. Questo mese aggiuntivo di lockdown farebbe lievitare a 5 miliardi le perdite per il settore. Secondo un’indagine della Coldiretti, la spesa degli italiani per pranzi, cene, aperitivi e colazioni fuori casa prima dell’emergenza coronavirus era pari al 35% del totale dei consumi alimentari degli italiani per un valore di 85 miliardi di euro all’anno. Dati che fanno riflettere, non solo per il danno economico, ma perché riflettono qualcosa di più profondo, una solitudine radicata.
 
Si è rinunciato al viaggiare, ai weekend mordi e fuggi via dalla città, allo shopping, alla comunità di scuola e ufficio, ma al piacere di stare insieme, al desiderio di relazione, quello no. Il cibo in compagnia è emozione, l’andare fuori a cena non è solo scegliere se mangiare italiano, giapponese o vegetariano. Il convivum aiuta il dialogo, accende uno scambio di pensieri, è un momento per riflettere. 
 
Sedersi ad un tavolo di un ristorante ha diverse prerogative. La più immediata è la spensieratezza: non dover pensare a nulla se non a decidere cosa ordinare e far iniziare la serata. A tavola non si invecchia come dice un proverbio, cibarsi è un modo stupendo di stare insieme, di scoprire non solo le tradizioni, ma anche aneddoti e curiosità sulla storia del costume.
 
Non è un caso che la parola compagnia derivi dal latino cum (con) panis (pane) e significhi partecipe dello stesso pane. Ecco allora svelato il perché per cui nonostante siamo in piena crisi economica da anni, la gente non rinuncia al ristorante, piuttosto taglia su altri costi.
 
 
Il motivo di questo desiderio comune è semplice: siamo sempre più una società di individui ammalati di individualismo, e sebbene tanti cenino con il cellulare al posto della forchetta, lo stare seduti in compagnia ad uno stesso tavolo è il miglior rimedio per sentirsi meno soli. E meno frenetici: la frenesia dei nostri tempi è qualcosa di placabile più facilmente al ristorante, piuttosto che a casa a smanettare sui social. Ecco perché tutti abbiamo una gran voglia di uscire a cena o andare a bere un aperitivo, perché la solitudine che ci ha imposto questo lockdown ha fatto soffrire molto più che non potersi comprare indumenti e oggetti, entrambe le categorie incapaci di colmare veramente vuoti e solitudini.
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