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venerdì, 29 Marzo, 2024

Lavoro nero salva il mercato edile!!!

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Claudio De Albertis Presidente di Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) è intervienuto al convegno organizzato da Assimpredil svoltosi a settembre a Milano in maniera molto dura per la situazione del comparto edile in modo particolare per la situazione dei lavoratori, della gestione dei cantieri e anche dei meccanismi di aggiudicazione delle gare pubbliche.
Il Presidente Claudio De Albertis ha evidenziato che “La cassa edile controlla solo il 30 per cento della manodopera che entra in cantiere” ciò vuol dire che il 70% è totalmente fuori controllo, cioè una massa enorme di lavoratori che oltretutto svolgono lavori particolarmente esposti a rischi di infortuni, malattia e di una assenza di una futura pensione. Questo poi per De Albertis non è solo un problema dei rischi che corono i lavoratori ma anche un elemento di concorrenza sleale che distorce il mercato dell’edilizia perché molti imprenditori che rispettano tutte le normative del lavoro e degli appalti si trovano in difficoltà rispetto ad altre aziende che invece hanno i lavoratori in nero e non rispettano nessuna o poche norme degli appalti. Secondo questi dati il 70% dei lavoratori è in nero o con forme contrattuali non in regola.
Sempre De Albertis ha proposto ai datori di lavoro e sindacati un “contratto di cantiere entro Natale 2016” e altri interventi per disciplinare ancora di più il settore, aspetto che vedremo più avanti.
Ora però è interessante andare a vedere i dati dell’edilizia negli ultimi anni in Italia e si scoprono dei dati che fanno molto riflettere e come fonte per alcuni dati siamo andati a vedere sul sito di Ance una delle relazioni in proposito: “Gli effetti sull’occupazione e sulle imprese sono pesantissimi: dall’inizio della crisi si stima che si siano persi 325.000 posti di lavoro nelle costruzioni, che salgono a 500.000 unità, considerando anche i settori collegati. Nel biennio 2009-2010 l’offerta produttiva si è fortemente ridotta con la fuoriuscita dal settore di 27.000 imprese di costruzioni.” Il mercato immobiliare è in forte calo, Il mercato immobiliare residenziale segnala un nuovo peggioramento nei primi mesi dell’anno in corso. Le abitazioni compravendute dopo essere diminuite, tra il 2007 ed il 2011, del 31,2% registrano, nel primo trimestre 2012, una riduzione rilevante del 19,6% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente.”
Da alcuni studi di Aitec di Confindustria “Negli ultimi cinque anni la produzione di nuove abitazioni è diminuita del 40,4%. I livelli produttivi delle nuove costruzioni abitative riflettono l’andamento negativo delle progettazioni: secondo l’Istat il numero di permessi rilasciati dai comuni per la costruzione di abitazioni è passato da 305.706 nel 2005 a 160.454 nel 2009. Tra il 2005 e il 2009 il numero di abitazioni concesse è pertanto quasi dimezzato, registrando una flessione del 47,5%. Solo gli investimenti effettuati per la riqualificazione del patrimonio abitativo hanno evidenziato una tenuta dei livelli produttivi (+0,5%) nell’ultimo anno grazie alle agevolazioni fiscali previste per le famiglie ed è proprio in questa direzione che devono muoversi gli interventi a sostegno del mercato delle costruzioni.”
Andando sempre a vedere i dati Ance dal 2008 anno di inizio della crisi e il 2015 il settore ha perso 529.000 posti di lavoro che raggiunge il numero di 800.00 se si guarda l’intero indotto; e secondo i dati Ance tra il 2008 e il 2015 gli investimenti nella nuova edilizia residenziale hanno registrato un crollo superiore al 60%, quelli nel non residenziale del 35% e le opere pubbliche del 50%: complessivamente 70 miliardi in meno
Ora, secondo noi, la domanda da porsi è perché la crisi nel settore edile continua con questi numeri e perché sia registrato un crollo simile del mercato. La risposta non è solo nella crisi nel 2007 e 2008 in America ma soprattutto in cause tutte italiane, cioè: tasse, burocrazia, banche.
Se lo si chiede agli imprenditori il 90% risponde cosi, per poter sopravvivere oggi in Italia devi arrangiarti come puoi e il grande problema è lo Stato con le sue troppe tasse, la sua burocrazia e gli aiuti alle banche che sono solo serviti ad arricchire la grande industria o meglio l’industria ruffiana classica italiani fatta di pochi raccomandati.
Se Ance volesse fare una battaglia vera dovrebbe combattere su questi fronti cioè sgravare le buste paghe dei lavoratori, creare dei contratti flessibili che coprano i rischi malattia e infortunistica con delle buste paghe dove ci sia più netto e meno lordo, una politica di sgravi fiscali maggiori per chi ristruttura casa, una maggiore facilità per costruire soprattutto nel residenziale e soprattutto una politica che si occupi meno di salvare banche fallite da decenni che servono solo ai grandi gruppi e poco al tessuto economico del paese.
La vera salvezza nel settore edile è stato l’utilizzo dei lavoratori in nero, che sicuramente corrono dei rischi per assenza di coperture infortunistiche, malattie o pensionistiche ma non riempiono più le casse edili e la pancia dello Stato. Solo con il sommerso i piccoli e i medi imprenditori hanno retto l’urto della crisi e l’assedio da parte dello Stato, i lavoratori sono i primi che spesso non vogliono essere messi in regola perché sanno che le aziende non riuscirebbero a gestire i costi delle buste paghe troppo alte e le tasse indirette. Imprenditori e lavoratori sanno benissimo che il sistema pensionistico è fallito, che è diventato sono un sistema di mantenimento degli attuali pensionati e che a loro non andrà niente tra 30/40 anni di lavoro. Certo il problema di una assenza di copertura di infortuni e un adeguato rispetto delle norme anche attraverso la formazione è necessario, però anche qui per quale motivo un imprenditore non potrebbe coprirsi con assicurazioni private anziché passare dallo Stato?
Oggi il mercato del lavoro soprattutto in edilizia ha bisogno di una nuova regolamentazione questo sicuramente ma la vera regolamentazione è la liberazione del mercato del lavoro e soprattutto la sua detassazione. Poi qualcuno ci deve spiegare per quale motivo un muratore, un idraulico, un elettricista con 10/15 anni di esperienza non può utilizzare una partita IVA per collaborare con un’impresa che ha vinto un appalto; il vero motivo è che la burocrazia del cantiere e dei contratti nel settore edile servono solo ai sindacati e alle associazioni di categoria che rimangono una consorteria per le solite lobby delle grandi opere.
Non è un caso che il Presidente De Albertis abbia anche dichiarato in una intervista al Corriere della Sera del 25 settembre 2016 sulla sua proposta di una qualificazione professionale del settore: «Ma perché attualmente basta aprire una partita Iva e poi ci si può dichiarare imprenditore edile. Costruire, invece, è un mestiere complicato e delicato, è necessario quindi che l’imprenditore che agisce in questo ambito dimostri di avere un minimo di consistenza patrimoniale, un minimo di struttura e che lui e i suoi dirigenti seguano anche a corsi di formazione e aggiornamento. Insomma è indispensabile una normativa rigorosa di accesso alla professione, perché questo è un mestiere nobile di cui dobbiamo andare orgogliosi. Quando vedo certe strutture che crollano mi viene da piangere…».
In poche parole il nostro paese si è sempre affermato nel mondo come una delle economie più importanti per i numeri espressi grazie proprio alla media e piccola impresa e alle partita iva e si vuole distruggere tutto ciò ?
Se Steve Jobs o un Bill Gates si fossero trovati a vivere nel nostro paese difficilmente avrebbero creato le aziende che conosciamo tra le prima al mondo in termini di fatturato, cioè partendo da un box auto, con una società fatta su un tavolo di bar con qualche birra, e completamente tutti in nero ! e possiamo affermare con certezza che con le prospettive che oggi si sentono da quelli che dovrebbero rappresentare la libera impresa in Italia che uno Steve Jobs o Bill Gates non si sarebbero mai affermati ma sarebbero stati denunciati per caporalato o evasione fiscale !
Max Buonocore

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