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giovedì, 28 Marzo, 2024

180 COMUNI A RISCHIO FALLIMENTO. La droga del debito e le sue conseguenze

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“Si può ignorare la realtà, ma non le conseguenze di ignorare la realtà” scriveva Ayn Rand. Pare che finalmente i comuni Italiani si stiano rendendo conto che sì, è vero, hanno passato vent’anni ad ignorare il fatto che i debiti si debbano pagare, ed oggi è arrivato il momento di crescere e prendersi le proprie responsabilità. Repubblica pubblica alcuni casi eclatanti nella sua versione online di ieri, ma su uno in particolare si sofferma: Casal di Principe. I motivi sono abbastanza ovvi, terra di Camorra, sindaco rivoluzionario e fastidiosa realtà con cui fare i conti.

Condivido la scelta giornalistica di Repubblica, ma secondo me sbagliano il focus: sì è interessante capire nella pratica cosa significhi il default, ma non incidono il problema. Per esempio, uno dei maggiori disservizi sono le 700 domande di assistenza rivolte al Comune inevase perchè manca l’assistente sociale. Fermiamoci un attimo. 700 su 20 mila significa, contando che si tratta di nuclei familiari che quasi un cittadino su cinque si aspetta che sia il Comune a risolvergli i problemi. E che siano gli altri quattro a pagare per lui. Non che questa pretesa sia irrazionale, gli hanno sempre detto che lo Stato è Babbo Natale e lui la letterina gliela scrive anche. Il problema non è tanto il vecchio etilista vestito di rosso, sono gli elfi che si sono rotti le proverbiali palle di Natale di lavorare gratis. Fuor di metafora, gli altri 4 cittadini non ce l’hanno più fatta e il comune è al crack.

Quindi qui il problema non sono le amministrazioni colluse. Sono quelle illuse. Quelle che hanno creato aspettative folli, quelle per cui lo Stato fa concorrenza alla mafia come lo spacciatore la fa al degrado: ti vende una polverina che sembra risolvere tutti i tuoi problemi, salvo prendere il meglio di te e distruggerlo. Questa droga si chiama debito. E ci sta uccidendo. Il problema è che ormai la gente ne è dipendente ed assuefatta: non può farne a meno, anzi ne vuole sempre di più. Vuole più diritti, più servizi e soprattutto vuole meno tasse. Contemporaneamente. Qualcuno si rifugia nel negazionismo, il debito non esiste. Qualcuno invoca la mitologia, se fai come-inserire nome di paese esotico a caso-te ne puoi fregare. Qualcuno si arrabbia e cita casi folli, tipo il Giappone. No, ragazzi, Casal di Principe non è nella prefettura di Tokio, ci avete provato, ma non funziona.

Ed intanto i comuni falliscono ed a pagare sono le aziende. Alcune delle quali lo meritano, erano anche loro spacciatori. Altri erano solo commercianti che credevano che le richieste assurde dei Comuni-tossici fossero supportate da riserve consistenti. Altri erano del tutto ignari. In ogni caso perderanno il 40-60% del credito e la mora. Perchè, checché ne dicano a Largo Fochetti, i Comuni non falliscono mai del tutto. Gli imprenditori sì e sarà questo a succedere: il privato soccomberà alla fame cannibale del pubblico.

La chiusura dell’articolo mi sento di farla mia:

“A Casal di Principe Renato Natale questa settimana spera di riaprire il campo sportivo. Per le pulizie delle strade, per adesso, conta su qualche volontario che si presenti.”

Il Comune cade a pezzi, manca tutto e non ci sono soldi. La priorità, in ogni caso, è riaprire il campetto. Sia mai che il Titanic affondi senza la colonna sonora dell’orchestra.

Luca Rampazzo

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