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sabato, 20 Aprile, 2024

LA CRISI CANCELLA ANCHE IL LAVORO IN NERO. Ridotto quasi della metà

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Anche il lavoro nero subisce la crisi. Lo afferma la Cgia di Mestre, secondo cui i posti di lavoro irregolari persi tra il 2007 e il 2012 ammontano a oltre 106.000 unità. L’esercito dei lavoratori in nero, o meglio delle unità di lavoro standard irregolari presenti nel nostro Paese, sono scesi poco sotto i 3 milioni, precisamente 2.862.300. Quasi la metà (45,7%), pari a 1.308.700 unità, opera nel Mezzogiorno.

Secondo la Cgia, altri 610.700 li troviamo nel Nordovest, 500.200 nel Centro e 442.700 nel Nordest. “La crisi – segnala il segretario Giuseppe Bortolussi – ha tagliato drasticamente la disponibilità di spesa delle famiglie italiane. Pertanto, anche per le piccole manutenzioni, per i lavori di giardinaggio o per le riparazioni domestiche non si ricorre nemmeno più al dopolavorista o all’abusivo”.

“Questi piccoli lavori o non vengono più eseguiti, oppure si sbrigano in casa. In questi anni, infatti, abbiamo assistito ad un vero e proprio boom del cosiddetto fai da te casalingo: di persone che di fronte ad un guasto o a una rottura si sono messe a fare l’idraulico, l’elettricista, il fabbro o il falegname. Certo, non tutti i settori hanno subito una contrazione della presenza degli abusivi. In quello della cura alla persona (parrucchieri, estetiste, massaggiatori, etc.), nella riparazione delle auto, moto o cicli e nel trasporto persone l’aumento degli irregolari è stato esponenziale”. 

“Rispetto al resto del Paese – prosegue Bortolussi – nel Sud la presenza dell’economia sommersa è più diffusa e strutturata. A differenza del Centro-Nord, dove, in linea generale, il lavoratore irregolare opera prevalentemente da solo e in piena autonomia, nel Mezzogiorno l’economia sommersa riguarda molte filiere dei servizi e del produttivo. Pertanto, è presumibile che la crisi abbia rafforzato il peso e la dimensione di quelle attività e di quei settori che tradizionalmente operano nella cosiddetta area grigia o sono controllati dalla criminalità organizzata”.

La Critica

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