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giovedì, 25 Aprile, 2024

Intervista a Claudio Borghi: “La contrarietà del governo al MES era una bugia”

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di Gabriele Rizza

Parlare del MES è ormai un’abitudine per gli italiani. In politica c’è chi lo invoca, chi fa finta che non esista e chi lo combatte. Tra quest’ultimi, l’economista e deputato della Lega, Claudio Borghi, è da sempre in prima linea. In una lunga chiacchierata, sempre col suo fare schietto e senza giri di parole, ci ha raccontato cosa è accaduto negli ultimi giorni e quali pericoli si nascondono dietro questo strumento.

Abbiamo passato settimane a dire no MES a tutti i costi per poi dare l’ok all’Eurogruppo. Il Premier Conte sostiene che continuerà ad opporsi, il PD che tanto non lo useremo. Cosa è successo?

«La verità è che la nostra contrarietà al MES era una bugia, perché, se effettivamente noi fossimo stati contrari al MES, non si sarebbe messa la firma sull’accordo, come hanno fatto i paesi del nord con gli eurobond. Ora l’inganno di dire: ho dato l’ok al MES ma non lo uso è una sciocchezza. Se non si è d’accordo, perché abbiamo combattuto dicendo no al MES? Si sarebbe detto subito, fate pure, che lo usino gli altri. È evidente che per noi è stata una sconfitta, qualcuno l’ha definita una Caporetto».

È possibile che tutto questo faccia parte di una strategia diplomatica del Governo?

«Chi per primo ha lavorato al Parlamento europeo per l’introduzione e la costruzione del MES è stato proprio il Ministro Gualtieri, che era relatore del primo provvedimento sul MES. Quindi, che credibilità può avere uno che quello strumento ha contribuito a pensarlo e progettarlo a dire di non volerlo? In realtà lo vogliono eccome, per un motivo semplice: facendo così avrebbero dei soldi da spendere subito e le conseguenze negative, pesantissime, relative alla sottoscrizione del MES, ricadrebbero poi su chi viene dopo». 

MES light o MES senza condizionalità. Qual è la verità su questo strumento?

«Vengono rimosse le condizionalità per l’accesso al fondo, puoi prelevare senza formalità iniziali, ma la stessa risoluzione approvata da Gualtieri dice in modo assolutamente esplicito che poi si applicano le condizioni del Trattato, che sono chiarissime e prevedono in modo inderogabile condizionalità».
L’ipotesi di ricorrere al MES o di accederci, può dare un segnale di debolezza ai mercati con ricadute negative sul nostro spread?

«Assolutamente sì, per due motivi: il primo segnala che un paese è alla canna del gas perché, invece di fare le solite emissioni di titoli di Stato, ha bisogno di prendere a prestito dallo strozzino, quindi il fatto stesso di rivolgersi allo strozzino comporta che la propria immagine come possibile debitore non ne esce bene. Soprattutto, ci sono le regole relative al MES stesso, che lo pongono come creditore privilegiato. In sostanza, chi aveva investito in titoli di Stato, convinto di essere in prima fila nella lista dei creditori, si trova improvvisamente in seconda fila rispetto al MES. Ovvio che chi aveva i titoli di Stato non può vederla come una buona notizia e stessa cosa per chi dovrebbe sottoscrivere in futuro».

Qual è il valore degli altri strumenti previsti, come il SURE e l’utilizzo della BEI?«

Gli strumenti approvati dall’Eurogruppo, vale a dire il SURE e la BEI, sono prezzati all’incirca 200 miliardi di euro l’uno e 100 l’altro, ricordiamo che questi miliardi sono intesi per tutta l’eurozona, senza contare i soldi che bisogna metterci. Sono tutti dei sistemi dove prima devi contribuire e poi riceverai indietro dell’altro. Supponiamo che a noi spetti per esempio il 15%, di quello che ci arriva noi dobbiamo sottrarre quello che ci versiamo. E poi ci sono delle condizionalità o dei cofinanziamenti, soprattutto per la questione BEI. Quindi, anche in questo caso, per delle cifre che noi potremmo prendere normalmente sul mercato dei titoli di Stato, andiamo a contrarre dei debiti che hanno delle condizionalità. È come stanno facendo con questi fantomatici miliardi di sostegno alle imprese: sono tutti i prestiti, con la garanzia dello Stato, ma intanto sono prestiti. Invece, mi sembra chiaro che in tutto il mondo per sostenere un fermo forzato, di cui nessuna impresa o cittadino è responsabile, lo Stato sta dando incentivi a fondo perduto».

Quale misura davvero utile potrebbe adottare l’UE?

«Unica cosa possibile, come tutti i paesi stanno facendo, è usare la BCE. Ad esempio, se abbiamo paura che uno Stato spenda più dell’altro, non c’è problema, si stabilisce una quota appropriata per tutti gli Stati, supponiamo il 5% del PIL, uguale per tutti, e semplicemente la BCE accredita lo Stato di quella cifra. Viene però molto più comodo, a chi da tempo gestisce l’UE, prestare soldi a strozzo, così poi può condizionare le politiche degli Stati. Dal loro punto di vista è logico, dal nostro non lo è. Non essendoci una cassa comune, non esiste la solidarietà, perciò mors tua vita mea».

Come spiega l’accondiscendenza di certa classe dirigente nei confronti dell’UE? È un fatto solo culturale e ideologico o anche di potere?

«Il fatto di sposare le regole e la narrazione antidemocratica dell’UE è una garanzia di lunga vita per i propri servitori. Se io appoggio un sistema antidemocratico, dove non importa chi è al governo, ma tanto deve fare quello che gli dice la Troika, se io conto di fare parte di questa Troika, per me è una cosa molto comoda, perché a quel punto posso anche perdere le elezioni, ma chi vincerà dovrà fare lo stesso quello che gli dico io».

 

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