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venerdì, 19 Aprile, 2024

GIORGIO MANNACIO, 47 ANNI DI DIRITTO DEL LAVORO ALLA CORTE DI APPELLO DI MILANO…

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Buongiorno Presidente Giorgio Mannacio, da quando è andato in pensione cosa Le manca di più del suo lavoro in Tribunale ?
Ho dato le dimissioni al compimento dei 72 anni dopo 47 anni di lavoro. La maggior parte di esso si è svolto nel campo del Diritto del lavoro. All’atto delle dimissioni ricoprivo la carica di Presidente delle Sezione lavoro della Corte di appello di Milano. Ho lasciato solo perché mi sentivo molto stanco e pensavo di non potere garantire lo stesso impegno che mi ero sforzato di offrire in passato.  Ho lasciato “ le cose in ordine “. Mi è mancato molto il contatto con le persone e il dialogo con esse. Non ho voluto, di proposito, occuparmi più ,neppure in altra veste, del Diritto del lavoro  e dunque, a differenza di alcuni miei ex colleghi, non ho cercato altre occupazioni che presupponessero la mia passata esperienza.
Lei si è occupato molto del mondo del lavoro infatti ha ricoperto il ruolo di Presidente Corte d’Appello di Milano Sezione Lavoro, cosa ne pensa del nuovo mercato del lavoro e in particolare del Job Act ?
Quest’ultima è stata singolare e molto interessante ed ha coinciso, si può dire, con il sorgere del Diritto del lavoro come corpo speciale e separato del Diritto civile. Sono passato infatti dall’applicazione delle norme del Codice civile relative al lavoro dipendente ( norme che assicuravano scarse tutele occupazionali e nessuno intervento dei Sindacati all’interno dell’impresa ) all’interpretazione e applicazione di norme nuovissime come la Legge sui licenziamenti individuali ( legge 604/66 ) e successivamente lo Statuto dei lavoratori ( legge 300/70 ) che hanno per cos’ dire rivoluzionato la normativa precedente. Con esse e le norme collegate il Diritto del lavoro ha avuto una fisionomia autonoma anche sotto il profilo concettuale. Si è trattato di norme molto forti quanto alla tutele del lavoro dipendente e, nel loro complesso, caratterizzate da grande coerenza e chiarezza normativa. Quasi in coincidenza con le mie dimissioni tale sistema ha cominciato a subire modificazioni sempre più profonde che hanno portato ad una diminuzione oggettiva delle tutele e ad un nuovo disegno complessivo dei rapporti di lavoro.
Il mondo del lavoro rappresenta uno problemi più importanti per una società e anche per ogni persona, non dovrebbe essere però solo il mercato a regolare i rapporti di lavoro ?
Verso il sistema passato ho mantenuto un grande rispetto applicando quasi il proverbio secondo cui “ dei defunti non si può dire che bene.”  Del nuovo non mi sono occupato se non marginalmente e senza approfondimenti. In via generale non penso che il vecchio sistema sia stato la causa della crisi economica che ancora ci preoccupa e non penso che il mantenimento integrale di esso potesse servire a sanarla. Ritengo quindi ragionevole che si sia provveduto a modificare qualche aspetto di esso, ma le modifiche mi sembrano tecnicamente malfatte e prive di interna coerenza. Nessuno Stato civile può lasciare a forze libere e incontrollate ( tra le quali il mercato ) il destino di rapporti che, come quelli di lavoro, coinvolgono aspetti anche personali dei cittadini. Mi rendo conto che sono sorte nuove professionalità rispetto alle  quali le vecchie regole sono insufficienti, ma proprio qui vedo una sfida che deve essere affrontata: quello di garantire – attraverso un saggio sistema di preparazione professionale preventiva – il rientro nel mondo del lavoro. Siamo o no una Repubblica fondata su di esso ?
Alla luce degli ultimi anni di vita politica e istituzionale del paese come vede il ruolo della giustizia in Italia anche rispetto alla giustizia negli altri paesi europei ?
L’Italia ha un patrimonio giuridico di elevato valore, cui non corrisponde una adeguata organizzazione della giustizia quale servizio per i cittadini. La giustizia civile è lenta; le sue risposte alle richieste quotidiane ( che sono le più frequenti ) arrivano in ritardo e sono spesso inadeguate sì da scoraggiano il ricorso ad essa. Il discorso sulle cause è molto complesso. Individuo almeno tre cause. Una , ineliminabile, è l’aumento delle richieste di giustizia ( si pensi ad interi settori della vita che un tempo non entravano nelle aule dei tribunali ). Ma ve ne sono di eliminabili. In primo luogo la cattiva qualità delle leggi da applicare: caotiche, spesso illeggibili, qualità negative favoriscono la litigiosità . In secondo luogo un eccesso di formalismi nelle procedure giudiziarie. In terzo luogo : una burocrazia  inefficiente ed antiquata che non gestisce con velocità le richieste  del cittadino  costringendolo a sopperire  all’amministrazione del quotidiano da parte della P.A  con il ricorso al giudice in funzione sanzionatoria.  Anche l’organizzazione e la distribuzione dei Magistrati e la suddivisione del lavoro tra costoro  non risponde , a volte, a criteri di ragionevolezza per la presenza di spinte corporative e a interessi  di parte.
La giustizi penale, anch’essa, arriva con ritardo ; vi sono casi di privazione intollerabili della libertà personale. La prevenzione non esiste e la certezza dell’impunità per i piccoli soprusi e le piccole ingiustizie favorisce la nascita di una cultura della sopraffazione e della violenza.
Cause: la presenza di due ingombranti fattori di allarme sociale ( criminalità organizzata e corruzione ); la mancanza di  una vera educazione civica.
Presidente so che lei ama scrivere poesie, com’è nata questa passione ?
La mia attenzione verso la poesia ha radici lontane. Mi fu trasmessa da mio padre, morto relativamente giovane e finissimo letterato. Nel breve periodo in cui lo conobbi aveva l’abitudine di leggermi delle poesie di autori vari, conosciuti e meno conosciuti. Mi trasmise ad esempio la passione per G.G Belli, uno dei poeti che rileggo sempre. Mi faceva notare , dei poeti letti , la forza espressiva e il senso delle parole ed io rimanevo incantato da questa loro capacità. La ricerca del significato vero e profondo delle parole mi è rimasta anche durante la mia esperienza professionale.
Lei ha conosciuto se non sbaglio Giovanni Testori che ha fatto una recensione a un suo libro, che ricordo ha di Giovanni Testori ?
Non ho memoria precisa del mio incontro con Testori. Fu casuale e rapidissimo. Avevo portato ad un mio amico poeta il testo dattiloscritto di poesie che furono poi pubblicate da un Editore ( ormai scomparso ) con il titolo Preparativi contro tempi migliori. A lui chiesi se poteva farmi una breve presentazione o consigliarmi qualcuno. Il mio amico mi buttò in faccia il nome di Testori che conosceva e che, secondo lui, avrebbe apprezzato il mio testo. Dopo qualche giorno il mio amico mi riferì che Testori aveva apprezzato molto le mie poesie e vi avrebbe imbastito sopra qualche riflessione. Così fu. Rimasi colpito e quasi sconvolto da questa notizia dato che nessuno dei poeti che conoscevo e ai quali avevo fatto pervenire in passato alcuni miei testi aveva saputo o voluto dirmi qualcosa. Lessi la sua presentazione, straordinariamente lucida e penetrante. Lo vidi presso il mio amico, un giorno, poco tempo prima che morisse e lo ringrazia forse con poco calore ,atteggiamento dettato solo dalla mia timidezza. Ne ricordo, dunque, la sua grande generosità ,così rara nel mondo della poesia.
Oggi nell’istruzione nelle scuole italiane si spinge sempre più per le materie scientifiche, è d’accordo o sarebbe importante anche oggi dare spazio all’arte e alla poesia ?
Scienza, arte, poesia vanno – secondo me – perfettamente d’accordo. Non vanno separate.Oggi il mio cruccio maggiore è di non avere avuto – per quei pregiudizi propri dei nostri antenati – una preparazione matematica adeguata. La musica non è fatta di rapporti ? L’astronomia non è meraviglia?
Non ho “ una poesia preferita “, ma un certo numero di poeti ai quali ritorno, non molto spesso, ma con costanza. Così avviene per i veri amici. Alcuni li ho letti negli anni delle scuole, altri li ho scoperti via via nel corso degli anni.
La ringrazio Presidente a presto…
Letizia Bonelli
 
 
 

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