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venerdì, 19 Aprile, 2024

Forse l’antimalarico ci salverà

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di Veronica Graf

Un vecchio farmaco anti malaria, il Plaquenil, potrebbe dare nuove speranze nella battaglia al Coronavirus. I test effettuati al laboratorio di virologia del San Raffaele di Milano sul farmaco, in uso da quasi settant’anni contro la malaria, stanno dando risultati incoraggianti. L’annuncio del virologo Roberto Burioni.

Burioni infatti spiega che nel 2005 alcuni ricercatori statunitensi si sono accorti che l’antimalarico aveva in laboratorio una forte attività antivirale contro il Coronavirus responsabile della SARS, sparito nel 2004. Siccome l’attività antivirale era diretta contro un virus non più esistente, la notizia era passata inosservata.

Naturalmente quando è saltato fuori questo nuovo virus, cugino di quello della SARS, molti hanno pensato di utilizzare il Plaquenil per curare questa infezione. L’efficacia di questa terapia non è ancora chiara, come non sono chiari i meccanismi attraverso i quali il Plaquenil infastidisce la replicazione virale.

E siccome fare gli esperimenti sulle persone è sicuramente più complicato, molti ricercatori hanno pensato di studiare l’effetto del Plaquenil sul nuovo Coronavirus, in laboratorio. Per studiare un virus in laboratorio bisogna prenderlo e metterlo a contatto con cellule nelle quali si possa replicare: in generale l’effetto è la loro completa distruzione.Dunque: abbiamo preso il Coronavirus e l’abbiamo messo a replicare, aggiungendo una quantità di Plaquenil abbondantemente raggiungibile nel polmone dopo la somministrazione del farmaco”. 

E continua: “Però abbiamo esplorato non una ma tre possibilità. Nella prima abbiamo aggiunto il Plaquenil dopo l’infezione delle cellule con il virus, simulando la situazione in cui si troverebbe un paziente se il farmaco gli venisse somministrato quando già infetto. Poi abbiamo provato ad aggiungerlo solo prima dell’infezione delle cellule, simulando l’uso del Plaquenil in profilassi. E poi abbiamo fatto anche un terzo tentativo: l’abbiamo aggiunto sia prima che dopo l’infezione delle cellule, simulando una somministrazione continuativa del farmaco”.

Il miglior esito si è avuto nettamente, per le cellule infettate, con il farmaco somministrato prima e dopo l’infezione. Il virologo continua: “Chiaramente questo non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. I dati che abbiamo ottenuto suggeriscono che una sperimentazione clinica di questo farmaco dovrebbe essere svolta somministrando il farmaco non solo quando il paziente sta già male, ma già prima dell’infezione agli individui che sono a maggior rischio”.

Ma Burioni si raccomanda di non correre a comprare il Plaquenil e non assumerlo senza prescrizione medica mentre l’efficacia non è ancora certa, degli effetti collaterali del farmaco sono comunque possibili. 

In ogni caso, però, se uno studio clinico riuscisse a confermare che il Plaquenil è utile nel modo in cui questo studio suggerisce, ovvero associando profilassi e terapia, avremmo fatto un passo verso il ridimensionamento di questo virus. Un passo che, per esempio, potrebbe rappresentare una protezione in più per tutti i medici e gli operatori sanitari in primissima linea nella gestione clinica dei pazienti infetti. Quanto grande sia questo passo non possiamo saperlo, ma è di questi passi che è fatto il ritorno alla vita normale.

Un grazie di cuore a tutti i ricercatori perché fare gli esperimenti con questo virus non è una cosa da poco: bisogna maneggiarlo e maneggiare un virus potenzialmente letale, significa letteralmente rischiare la vita mentre si fanno gli esperimenti.

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