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giovedì, 25 Aprile, 2024

BRE.BE.MI. La prova che il pubblico è da evitare

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Abbiamo avuto a volte confronti sui Social Network o di persona nelle quali abbiamo sostenuto la tesi che lo Stato dovrebbe occuparsi direttamente solo di tre cose: Difesa, Sicurezza, Giustizia; il resto può essere demandato ai privati. Siamo in un Paese socialista dove la mentalità catto-comunista, a dispetto della caduta del Muro e delle vocazioni, tutt’ora, ahimè, è largamente prevalente e per questa ragione ci siamo spesso sentiti chiedere, magari con velato timore, da pavidi, come si faccia a costruire le strade con un modello come quello da noi propugnato.

Ebbene, una risposta possibile, l’abbiamo avuta per esempio ieri, in quanto è stata inaugurata la nuova autostrada che collega direttamente Brescia a Milano, tagliando fuori Bergamo e consentendo di accorciare di un terzo il tragitto (Km.61) oltre che ovviamente ridurre i tempi di percorrenza ed il traffico su quella direttiva. E’ una risposta, in quanto questo progetto, impostato nel ’96, 10 anni per scartoffie varie e 3 di attesa – siamo in Italia, dopotutto – oltre a 5 per la costruzione, questa autostrada è stata costruita con capitali privati. (Project Financing).

Il Ministro Maurizio Lupi ha commentato così la notizia sulla sua pagina pubblica FaceBook: “Oggi con Matteo Renzi, Martina e Roberto Maroni inaugurazione della BreBeMi: segnale di successo per tutto il Paese. Prima autostrada italiana realizzata totalmente in project financing con investimenti privati!!”

Il che è vero, però ora sta spuntando un “ma”, sempre perché siamo in Italia. Dobbiamo invero prima fare un quadro della situazione, prima di dare ragione di ciò. Il costo dell’operazione è stato finanziato dalle banche per 1,9 miliardi, mentre l’equity (ossia danaro messo dai soci dell’operazione). Il progetto originario prevedeva un costo totale di 800 milioni, quindi con un intervento delle banche molto più ridotto.

D’un lato, forse, i soci hanno fatto delle previsioni troppo ottimistiche, dall’altro in Italia la burocrazia e le Pubbliche istituzioni riescono a creare ritardi e forme di ricatti legalizzati e tutto ciò ha comportato che prima di partire siano trascorsi ben 13 anni ed i costi siano raddoppiati. La ragione per cui sono raddoppiati, sta anche nel fatto, come accennavamo prima, ai ricatti cui la società Bre.Be.Mi . è stata sottoposta dagli Enti Locali, oltre a modifiche richieste anche dal C.I.P.E. .

Infatti, ogni paesello attraversato da questa nuova autostrada ha preteso il suo tributo, magari sotto forma di opere, rallentando così il via ed aumentando in maniera spropositata i costi. La Bre.Be. Mi. non è l’unico caso: questo sistema di ricatto legalizzato è una delle ragioni per cui da noi l’Alta Velocità costa così tanto in più rispetto agli Paesi Europei.

Il risultato è quello che abbiamo detto, con in più gli oneri finanziari che valgono un

50% dell’opera e che portano il costo totale a 2,4 miliardi. Le banche ringraziano! Veniamo dunque al “ma” di cui sopra. Per le ragioni sopra elencate, ora i soci di Bre.Be.Mi. chiedono al Governo di allungare di 10 anni la concessione (precedentemente 19,5 anni) e di defiscalizzare per 497 milioni. Qui sta il “ma” poiché un’opera realizzata con capitali privati, per un atavico vizio diffuso, ricadrebbe nel pubblico. Quindi non sarebbe più un’opera realizzata interamente con capitali privati. Comprendiamo bene le ragioni della richiesta, ma codesti soci sapevano già dall’inizio, riteniamo, che avrebbero incontrato questo genere di difficoltà. Non ci pare giusto che ora bussino alla porta del Governo.

Come ha giustamente sottolineato il Presidente della Società Bre.Be.Mi., almeno da quanto risulta e ci pare logico, questa autostrada è “tangente free”, libera da tangenti. Il che dovrebbe far riflettere, facendo un paragone con Expo e Mose. A nostro avviso è la prova che lo Stato deve fare da arbitro e garante – ricordiamo che furono scoperti rifiuti tossici utilizzati come fondo per l’autostrada -ma stare lontano dai soldi e, cosa non avvenuta in questo caso, spianare la strada a simili iniziative eliminando preventivamente gli intoppi burocratici. Quindi no allo Stato giocatore. La collettività risparmierebbe un sacco di soldi, avremmo più opere che sarebbero funzionali, in quanto i privati non investono in ciò che non è redditizio e ci risparmieremmo polemiche e vergogne a causa di scandali che ci fanno mettere all’indice all’estero.

Perché cose che ci paiono così elementari, sono, ci pare, così difficili da comprendere?

Fabio Ronchi

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