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mercoledì, 24 Aprile, 2024

GOOGLE, OVVERO DELLA INTOLLERANZA DEL TIRANNO. La libera circolazione delle informazioni in rete dà fastidio

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Da qualche anno è in voga nei circoli più esoterici un dibattito che influenza la vita di tutti noi: siamo al sicuro da Google? La paura si basa sul fatto che, qualsiasi cosa facciate, Google la salva. La memorizza. E non dimentica nulla. Questo di per sé non sarebbe un problema così insormontabile se non ci fossero due problemi: è, per mestiere, un gran chiaccherone e la gente è mediamente irresponsabile. Questo porta a dubbi inquietanti: e se qualcuno scoprisse la mia passione per frustini e abiti in vinile? E se scoprissero che sono Berlusconiano? E se qualcuno sapesse che non mi piace Tiziano Ferro? Tutti dubbi atroci che portano orde di elettori vocianti a chiedere una cosa sola: proteggeteci da Google.

 Orde è un termine ovviamente eccessivo in un paese di analfabeti informatici, ma rende l’idea della folla coi forconi in mano che chiede la testa della strega. La figura della strega è particolarmente adatta perchè riassume i tre problemi della domanda di apertura: 1) superstizione 2) irrazionalità 3) sospensione della libertà come conseguenza.

Partiamo innanzitutto dalla superstizione. Detta in estrema sintesi la superstizione è l’irrazionale convinzione che l’universo sia una Persona. E che possa essere placato o irritato dalle nostre azioni. Ovviamente così non è, ma rassicura credere il contrario. Il peggiore dei tiranni è meglio della vasta ed incurante vastità dell’oscurità interstellare. Nel caso di Google fa comodo credere che una sola compagnia sia responsabile della nostra insicurezza informatica. Il problema è che è falso. Google è come le leggi della fisica. Sì, se cadi lo fai secondo il modello gravitazionale. Ma non si può parlare certo di colpa. Il problema è di chi ti ha spinto e, forse, anche tua che ti sei sporto troppo in avanti. Gli incidenti non ci piacciono, ci annoiano. Molto meglio un bel complotto. Ecco, qui interviene la manina compiaciuta del Tiranno: vedi? Non è colpa della brava gente se c’è l’odio, è colpa di Google. Non si vendono più giornali? Colpa di Google. I concorrenti non vendono pubblicità? Colpa di Google.

 Il motore di tutto questo è l’irrazionalità, cioè pretendere che possano esistere situazioni dove la ragione e la sua applicazione siano inferiori, metodologicamente, ad una sbavante ira. No, non è la definizione che troverete nella Treccani. Discutete cinque minuti soltanto con un grillino medio e capirete che ho ragione. La gente vuole capire, soprattutto quando non capisce. Così dà volti arbitrari ai problemi. E si fa fregare. Il Tiranno vi suggerirà infatti che Google può abusare di quelle informazioni. Che voi non controllate Google. Che sarebbe meglio che tutte queste cose le tenesse il Tiranno e voi sarete al scuro, perchè, in ultima analisi, il Tiranno vi ama. Fa niente che Google quelle informazioni le usi al massimo per vendervi qualcosa, mentre il Tiranno ha una polizia che può farvi irruzione in casa, un esercito che può bombardarvi ed delle comode celle in cui riflettere sull’amore del Tiranno per voi. Tanto il Tiranno non sbaglia mai e lì ci finiscono solo i cattivi. Vero?

 Ecco, gli intellettuali prima, il popolino poi, sono tutti a gridare all’unisono che Google è una macchina di morte per le libertà individuali. Quelle informazioni deve averle al massimo il Tiranno e comunque non è bello che qualcuno le venda. Al massimo si possono scambiare tra procure e giornali illuminati. Tipo il Fatto. Perchè se ti intercetta Ilda sono un po’ fatti tuoi, ma se Google salva le tue preferenze allora la colpa è sua. Non credete a questa mia analisi? Cercate negli articoli degli ultimi giorni, leggete cosa ne pensano illustri commentatori e politici di lungo corso tipo Boccia. Sono tutti ardenti supporter del Tiranno. Oggi come sempre, servi di un potere dispotico che Google mette in discussione. Non perchè sia una compagnia di Santi. Solo perchè sono liberi. Siatelo anche voi, scoprirete che non guarderete mai più Google con gli stessi occhi.

Luca Rampazzo

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